Due giorni di vacanza al mare
Lo scorso dicembre, a conclusione di un viaggio di lavoro in Asia, mi stavo godendo un paio di meritati giorni di relax nella località balneare di Pattaya.
Vi ero arrivato da Bangkok il giorno prima, che era il 25, vale a dire Natale, in attesa di prendere il volo di rientro per il 28.
Un clima ottimo sopra i 25 gradi, una spiaggia brulicante di gente soprattutto europea, e un bel sole che regalava i suoi raggi lungo l’arenile thailandese.
Quello che ci voleva prima di rientrare tra i rigori dell’inverno italiano. Erano le 3 del pomeriggio e tutto procedeva per il meglio. Sfogliavo il quotidiano Bangkok Post, a fianco di due ragazze russe di cui una non era niente male, attorniate da alcuni passerotti, tutt’altro che timidi, che facevano a gara a chi razziava meglio la pannocchia che le stesse, o qualche altro, avevano lasciato in un sacchetto di carta semisommerso dalla sabbia.
La spiaggia di Pattaya è ben lontana dagli standard di Lignano e Rimini
Avevo già testato l’acqua, stemperata o tiepida come al solito, e decisi di fare un’altra nuotata, non troppo al largo, come mi piaceva fare un tempo.
Da quando ho sentito negli anni scorsi di un giovane tedesco addentato da uno squalo o da un coccodrillo di mare in altra spiaggia thailandese, a nemmeno 100 metri dalla battigia, e rientrato in Germania in una mesta bara, sono diventato meno spavaldo nelle mie uscite tra le onde.
Gli scooter d’acqua poi, che ti rifilano a pochi metri mentre stai nuotando, non sono affatto meno pericolosi degli squali.
Dopo alcune bracciate a stile libero e qualche tratto a farfalla, alternate a rilassanti galleggiamenti sul dorso, decisi di riguadagnare lo sdraio. Stavo procedendo con calma, con l’acqua che mi arrivava ormai al petto, facendo attenzione a dove posavo i piedi, dato che Pattaya non è affatto Lignano o Rimini o Riccione, dove puoi saltare e giocherellare col pallone, sapendo che il fondo sabbioso, compatto e pulito, non ti tradisce mai. Qui il fondale è a tratti melmoso e nasconde parecchie insidie.
Una fitta al piede e un gesto di stizza
Nonostante le mie attenzioni, ebbi un gesto di stizza. Qualcosa era successo al mio piede sinistro.
Un ago o qualcosa del genere. Mi affrettai ad uscire camminando sul tallone. Appena fuori dall’acqua verificai un impercettibile taglio, terminante con un forellino. Mi stava già procurando un dolore fastidioso. Applicai una forte pressione a due pollici intorno alla ferita e fuoriuscirono tre gocce di sangue misto a veleno.
Mi resi conto immediatamente che la cosa era seria e che avevo compromesso e rovinato la mia giornata al mare.
Non riuscivo però a capire cosa poteva essere stato ad attaccarmi, e questo stato di incertezza sulla causa, mi provocava altrettanto disagio che la ferita stessa.
Un granchio, un gambero, un riccio, una medusa, un pesce strano, un serpentello marino?
Un fastidio insopportabile
Mi affrettai a rimettere gli short e la maglietta, e mi trascinai dolorante verso il Queen Pattaya, un alberghetto a 200 metri dall’arenile. Il male stava diventando insopportabile e aumentava d’intensità a vista d’occhio. Qualcosa di simile alla puntura di un calabrone in pieno agosto, ma molto più acuto. Roba da urlare. Mi fermai in una farmacia chiedendo lumi. Niente da fare. Mi proponevano al massimo una inutile crema battericida, dei cerotti o addirittura delle pasticche di antidolorifici.
In vita mia ho provato molte punture di insetti, di vespe selvatiche, calabroni, ricci di mare, ed anche morsi di carboni, bisce d’acqua, ramarri e vipere.
Mai avevo però sperimentato una cosa del genere. Non pensavo potesse esistere in natura un veleno così potente e dagli effetti talmente laceranti.
Ero spaventato e disorientato, lo confesso. Con gli occhi lacrimanti chiesi alle ragazze della reception se avessero un’idea di quale animale potesse trattarsi, o se qualcosa del genere era mai successo in precedenza a qualcuno dei loro clienti vacanzieri.
Mi dissero che la cosa migliore era una visita all’ospedale di Pattaya.
Come per incanto, il male scompare
Decisi invece di ritirarmi in stanza. Mi distesi sul letto stringendo i denti. Passai tre ore da incubo. Probabilmente avevo pure un attacco di febbre, in quanto mi sbatteva la testa, cosa che non mi succede mai. Poi, come per incredibile incanto, il bruciore se ne andò del tutto, all’improvviso, senza nemmeno salutarmi o chiedermi scusa. Erano le sette di sera.
Guarito perfettamente, e con un’improvvisa voglia di mangiare. Non mi pareva vero.
Indossai i sandali e presi un taxi per il Sizzler, ristorante non esattamente vegetariano, ma dotato di un salad bar quasi perfetto.
Restava in me qualche strascico di timore. E se il male tornasse? E se ci fosse qualche effetto postumo?
Niente di tutto questo. Quelle tre gocce di sangue che ero riuscito ad espellere erano state probabilmente provvidenziali.
Alcune riflessioni sull’accaduto
Nel breve tragitto avevo delle cose su cui riflettere. Pensai a tre cose precise:
- 1) Se fossi stato debole di cuore, c’era quasi di che lasciarci le penne, tra spavento e magari qualche trattamento fuori luogo, o qualche crisi anafilattica innestata magari dalla paura e dagli stessi antidoti.
- 2) Se fossi andato al Pronto Soccorso, non sapendo nemmeno quale animale marino tra le centinaia esistenti in quei fondali mi aveva attaccato, mi avrebbero fatto chissà quali cure, complicando ulteriormente la mia situazione.
- 3) La prossima volta, meglio nuotare fino all’ultimo metro verso il bagnasciuga, evitando di camminare sulla fanghiglia. In caso di bassa marea, che ti costringe a camminare a lungo in acqua, prima di raggiungere la zona di balneazione, obbligatorio usare i sandali.
- 4) La cosa più importante è stata quella di ritirarsi in stanza a riposare, e di non prendere assolutamente nulla.
Mai farsi prendere dal panico
Ho raccontato tale episodio come introduzione all’argomento di questo articolo che riguarda per l’appunto il cosa fare e cosa non fare nelle emergenze e negli incidenti più strani che possono capitare quando sei in vacanza, o comunque quando meno te l’aspetti.
La prima cosa da fare è di non perdere le staffe, di non farsi prendere dal panico.
Nel bene e nel male, i bisogni fondamentali della vita sono sempre gli stessi: aria fresca, calore e riposo fisiologico, dunque digiuno. Niente farmaci e niente trattamenti, se non come estrema ratio.
Il più delle volte, medicinali e cure finiscono per non essere adatti al problema reale che abbiamo, per cui finiscono per essere più dannosi delle ferite o dei problemi che già abbiamo.
RESPIRAZIONE ARTIFICIALE (bocca-bocca)
E’ indispensabile negli annegamenti, nelle scosse elettriche, negli shock di vario tipo, negli attacchi cardiaci. Sistemare l’infortunato sulla schiena, rimuovergli dalla bocca dentiere, chewing-gum o altro, sbottonargli i vestiti, accertarsi che la lingua non sia rivoltata all’indietro. Tenergli il naso chiuso e soffiare nella bocca ogni 4 secondi.
ATTACCHI CARDIACI
Far distendere il soggetto in posizione supina e con la testa leggermente sollevata.
Rimuovere i vestiti stretti. Aria fresca, calore, digiuno, respirazione artificiale, massaggio cardiaco moderatamente vigoroso se il cuore sembra essersi fermato.
Non può essere fatta altra cosa utile. Il corpo, se è in grado di farlo, guarisce se stesso.
I farmaci causerebbero solo ulteriori problemi.
SVENIMENTI E MALESSERI DURANTE IL VOLO
Non c’è volo intercontinentale nel quale le hostess non facciano un disperato appello chiedendo se c’è qualche medico, per dare assistenza ad un passeggero che sta male.
Pensano sempre che un medico abbia qualche potere taumaturgico o qualche farmaco magico.
In realtà, l’unica cosa da farsi rimane quella di mettere distesa la persona, togliergli le scarpe e sbottonargli i vestiti, coprirla con una coperta, usare possibilmente un ventaglio vicino al viso, e dirgli di stare calmo e di respirare.
Qualche massaggio agli arti inferiore, alle braccia e alla testa può essere benefico. Un massaggio cardiaco e una rianimazione mediante respirazione artificiale, può essere tentata, se ha perso i sensi. Niente altro, niente sostanze rischiose e nocive, niente ammoniaca o altri veleni da annusare.
Forse il soggetto è un gran fumatore che privato dello stimolo nicotinico sta subendo una crisi depressiva. Forse ha preso farmaci o droghe. Come si fa a intervenire in modo appropriato?
Ogni altra iniziativa diventa un procedere a tentoni nel buio.
Alla fine saranno le condizioni interne e la fibra del soggetto a fargli superare la crisi o a subire un patatrac, non certo il medico o chi per lui. L’unico vantaggio che il medico effettivamente ha è quello della responsabilità legale. Se un soggetto muore nelle mani di un medico, tutto è in regola. Se muore nelle mani di un non-medico, quello ha di sicuro sbagliato qualcosa, non gli ha dato qualcosa che poteva essere dato, o non lo ha assistito al meglio.
INCIDENTI GRAVI
Quando l’incidente è grave, il corpo secerne endorfina e noradrenalina, sostanze adatte a contrastare il dolore. Alleviare invece il dolore mediante i farmaci non fa che trattenere il dolore stesso presso di noi.
Stando immobili a letto e digiunando i dolori diminuiscono di molto.
Soffrirete il minimo comportandovi come gli animali in libertà, che dormono, non si muovono per giorni, stando senza nutrimento fino a quando il loro corpo non auto-ripara i danni.
E’ accertato che, in fase di digiuno, grazie all’energia risparmiata non digerendo, le ferite si cicatrizzano due volte più in fretta.
Nel caso di incidenti non è sempre facile stabilire con certezza se è indispensabile o meno intervenire chirurgicamente. Qualora ci sia grave emorragia interna non ci sono altre scelte se non l’intervento chirurgico. Ma in molti casi, quando la coagulazione avviene normalmente, l’operazione non serve.
Occorre tener presente che l’intervento chirurgico non è sempre un toccasana, comportando esso notevoli rischi, facendo indebolire ulteriormente l’infortunato, e provocandogli perdita di altro sangue, quando invece l’organismo ferito, lasciato a se stesso, avrebbe potuto forse da solo rimediare alla situazione.
Nel dubbio, i medici operano quasi sempre.
Se uno muore sotto operazione loro sono a posto legalmente. Ma se uno muore perché non hanno mosso un dito, vengono automaticamente messi sotto accusa.
Chiaro che, se si opta per l’operazione, gli anestetici sono indispensabili, in quanto il dolore dell’intervento oltrepassa le capacità di resistenza umana.
L’igienismo naturale rifugge dalle trasfusioni e le sconsiglia decisamente, sia per i pericoli di reazioni difensive corporali insite in questa pratica, sia per il fatto che esse ritardano il lavoro emo-ricostruttivo da parte del sistema immunitario.
FRATTURE E SLOGATURE
Se c’è frattura o lussazione, meglio non muovere la vittima. Un osso rotto può aspettare l’aiuto professionale e accorto di un osteopata o di un ortopedico. Mantenere intanto immobile l’arto traumatizzato. Se il ferito è in stato di shock o privo di sensi, con cercare rianimazioni o altre cose simili.
Rinvenirà spontaneamente.
Nella frattura di costole, il più delle volte il corpo è in grado di risistemarsi da solo, senza il bisogno di alcunché. Basta saper resistere al dolore intenso ed al fastidio provocato dal lavoro di rifusione della parte ossea nei punti di frattura.
DISTORSIONI, STRAPPI MUSCOLARI, ROTTURE E LEGAMENTI
Fissare l’arto per mantenerlo in posizione.
Immobilizzarlo per un periodo iniziale e immergerlo eventualmente in acqua fredda ma non gelata per
1 o 2 minuti, al fine di attenuare il dolore.
Rifare il tutto un’ora dopo, e continuare ancora in quel modo se rimane il dolore.
EMORRAGIE
Il sangue coagula normalmente in 3 minuti, ma quando ci sono ferite gravi ne può impiegare anche 10.
Nel caso di abbondanti perdite di sangue, è normale che il battito cardiaco al polso appaia debole e che si abbassi la pressione.
Serve fermare l’emorragia, possibilmente con pinza emostatica.
Si può perdere sino al 50% del sangue e rimanere funzionalmente efficienti.
Se si sospetta una emorragia interna, servono riposo e immobilità assoluti per 1-2 giorni, e può essere necessaria una operazione chirurgica.
TRASFUSIONI DI SANGUE
Non si dovrebbero mai fare, e non ci sono eccezioni a questa regola. L’uso di soluzioni saline o di plasma sanguigno rientra nella stessa casistica.
Una persona che abbia perso il 15% del proprio sangue, produrrà automaticamente nuovo sangue da sola, e più veloce di quanto ottenibile da una trasfusione.
Le trasfusioni possono causare grossi problemi come:
- A) Reazioni emolitiche, per incompatibilità sanguigna (esistono 15 milioni di possibili combinazioni).
- B) Fornitura eccessiva di sangue (può essere mortale)
- C) Bolle di aria nel sangue (possono essere mortali)
- D) Contaminazione del sangue.
- E) Trasmissione malattie dal donatore.
- F) Alterazione della personalità e casi di follia.
Molti igienisti tengono nel portafoglio un tesserino con sopra scritto Nessun farmaco e nessuna trasfusione autorizzata se in stato di incoscienza.
Se si è vittima di incidente e si viene portati all’ospedale, chiedere che ci vengano applicati i principi dell’igiene naturale il più possibile, evitando o almeno minimizzando l’uso di farmaci.
FERITE
La pulizia accurata con acqua pura è super-importante. Togliere le impurità con una pinzetta o con una garza bagnata per far uscire particelle e corpi estranei.
Se si tratta di taglio profondo, coprire con banda porosa-assorbente e non con cerotti.
Se la ferita è larga, con perdite abbondanti di sangue, serve il medico e la sutura.
Nel caso di perforazioni (chiodi anche arrugginiti), lasciar sanguinare liberamente e guariranno in modo spontaneo.
Non si devono fare antitetaniche.
L’introduzione di veleni nel sangue non può portare alcun beneficio.
BRUCIATURE E SCOTTATURE
Mantenere aperta e pulita la ferita, proteggendola solo con un panno inumidito con acqua. Esporre all’aria e non al sole, specie in caso di grandi bruciature. Non usare pomate e unguenti.
Il trattamento ospedaliero non è raccomandabile nemmeno per le ustioni di terzo grado.
Utilizzare garze fresche o immergere le parti ustionate in acqua fresca, al fine di alleviare il dolore.
FEBBRE ESTERNA (rilevabile con termometro sotto ascella)
Non serve accanirsi col termometro a controllare la febbre esterna, sospirando e gemendo quando essa è oltre la norma. Non serve farlo nemmeno se essa va a 40 e oltre.
La febbre esterna è un fenomeno positivo e da rispettare, sia come segnale di allarme che come strumento di regolazione. Essendo la febbre strumento prezioso del sistema immunitario, che è il medico interno più affidabile del mondo intero, siamo sicuri che lui la manovra e la dirige a regola d’arte in ogni momento.
La paura della febbre è stata ingenerata in modo assurdo e sconclusionato dalla medicina nel corso della storia. Ostacolare la natura, far abbassare la febbre in vari modi, è sempre dannoso per il corpo, e a volte è assai pericoloso. Né farmaci dunque, né altri sistemi.
Già il grande Parmenide (VI-V a.C.), 2500 anni fa, nella celebre scuola filosofica greca di Elea o Velia (oggi Castellamare della Bruca-Lucania), dimostrava di essere più avanzato della medicina contemporanea, quando proclamava la famosa massima Datemi la potenza della febbre è saprò fare mirabilie.
Per decenni e secoli la cosiddetta scienza medica ha sostenuto che la febbre alta va ridotta.
Solo negli ultimi anni è in parte rinsavita, arrivando a conclusioni opposte. Ha capito infatti che l’interferone, sostanza preziosa del nostro sistema immunitario, svolge al meglio la propria opera proprio quando la febbre è al massimo, favorendo l’espulsione di eventuali accumuli virali occasionati da malattie tossicologiche tipo la polio (causata da eccesso di cibi e bevande pastorizzate e zuccherate).
FEBBRE INTERNA GASTROINTESTINALE (rilevabile al polso o con controllo iridologico)
La febbre esterna deriva da iniziativa del sistema immunitario, e va rispettata.
La febbre interna deriva invece da errori marchiani compiuti dal soggetto, e va dunque demonizzata.
Sono gli improvvidi e scalcinati consumatori di cibarie orrende che provocano al proprio interno, a getto continuo, fermentazioni di carboidrati e putrefazioni di proteine, seguite da emergenze immunitarie tipo la leucocitosi (aumento dei leucociti dalla quota normale di 6000 unità per dl, ai livelli patologici di 10-20000 per dl cubo di sangue).
In teoria, la febbre interna dovrebbe trasmettersi pure all’esterno, senza differenziazioni, come succede nei bambini (estremamente reattivi) e come succede nei vegani-crudisti (pure sensibilissimi a eventuali errori che possono a volte capitare), ma le cose non vanno in quel modo per la maggioranza della gente, dove le cattive abitudini prolungate generano una caduta di reattività, una specie di callo insensibile nel sistema immunitario.
La febbre gastrointestinale non coinvolge dunque il sistema immunitario, ma gli dà soltanto fastidio come irregolarità stabilizzata e localizzata, che richiama sangue verso l’interno, compromettendo la libera e fluida circolazione e lo scambio termico.
Non è più un’emergenza ma un fatto ripetuto e fisiologico che avviene contro il sistema immunitario e lo costringe un po’a lavarsi le mani di questa pazzia continuata e quotidiana, di questa disobbedienza sistematica del suo padrone nei riguardi del proprio organismo.
Gli igienisti tedeschi tipo Priessnitz, Kneipp, Kuhne, Padre Taddeo di Wisent, ed anche il cileno Manuel Lezaeta Acharan (1881-1959), seguito da Luigi Costacurta e dal filone igienistico italiano, ricorrono sistematicamente all’idroterapia, agli sbalzi termici e ai fanghi freddi, per tamponare questi squilibri termici, ottenendo da un punto di vista terapeutico di breve periodo dei risultati migliorativi privi delle grandi controindicazioni e degli effetti collaterali dei farmaci.
Nessuna demonizzazione nei loro confronti, soprattutto per il contributo culturale che essi danno nella spinta educativa verso l’alimentazione vegana e crudista.
Resta però il fatto che l’unico modo vero, corretto e stabile per normalizzare la temperatura e sfebbrare la gente, sia all’interno che all’esterno, è quello del digiuno e del cambio radicale della propria alimentazione.
In altre parole, l’idroterapia è valida come soluzione di emergenza, ma non come cura risolutiva e coerente del problema.
La grande scuola americana che sfocia in Herbert Shelton ed è viva e vegeta in Alec Burton, nonché nei vari Ralph Cinque, Frank Sabatino, Joel Fuhrman, Alan Goldhamer, Ronald Criedland, e nelle loro cliniche igienistiche americane, porta sempre e soltanto alla soluzione terapeutica-regina, che è quella della Cura-della-Non-Cura, in perfetta linea con La Natura è la Sovrana Medicatrice dei Mali, derivata da Ippocrate e dall’Olimpo Greco di Apollo, Eusculapio, Igea e Panacea.
L’acqua per Shelton è magica, ma soltanto o soprattutto in fase di purificazione interna, in fase di accompagnamento ed espulsione delle tossine verso l’esterno del corpo, restando salva come ottimo elemento naturale e curativo per la pelle, assieme all’aria, alla ginnastica, ai bagni, e ai raggi del sole.
VOMITO E DIARREA
Sono reazioni naturali del corpo a veleni introdotti nell’organismo. Vietato intervenire.
La cura migliore resta sempre quella di un rigoroso digiuno.
Se vomito e diarrea persistono a lungo c’è il rischio di disidratazione.
In questo caso si va in situazione di emergenza, e va bene chiamare il medico.
APPENDICITE ACUTA
Trattasi di patologia estremamente dolorosa, ed è opportuno che il paziente osservi alcune regole:
- 1) Portare le ginocchia in su verso l’addome (allevia notevolmente il dolore).
- 2) Non bere niente di caldo e niente di freddo. Vietatissimi the e caffè.
- 3) Non mangiare assolutamente nulla. Vietatissimi farmaci e integratori.
- 4) Non interferire con impacchi, clisteri o altro.
- 5) Non chinarsi, non spingere o premere sulla parte dolorante (in sede di esame medico).
Col digiuno assoluto non solo passano progressivamente i dolori, ma si disinfiamma pure l’appendice, e si scongiura il ricorso a qualsiasi tipo di operazione chirurgica.
Se l’appendice infiammata, aggravata da sistematici errori ed eccessi nella dieta, si rompe e va in peritonite, l’intervento chirurgico per pulire la cavità addominale diventa l’unico approccio razionale di emergenza.
In quel caso è normale che ci sia una tremenda rigidità dei muscoli addominali e un forte aumento della febbre.
CONVULSIONI EPILETTICHE (da problemi all’encefalo)
Per evitare che l’epilettico si morda la lingua, mettergli tra i denti con prontezza, al primo segno di convulsione, un pezzo di stoffa arrotolata, o un bastoncino di legno, o una matita avvolta con del nastro adesivo. Poi attendere con pazienza e calma. L’attacco epilettico può mettere dai 30 secondi a un’ora per placarsi.
Se un epilettico sta prendendo dei farmaci tesi a regolare i suoi problemi, meglio non interferire.
CONVULSIONI NORMALI
Non fare assolutamente niente. Un danno al cervello può derivare solo dalle interferenze, e non dalle convulsioni stesse.
SCOSSE ELETTRICHE, FULMINI, ANNEGAMENTI
E’ indispensabile ricorrere alla respirazione artificiale ed alla rianimazione. Nel caso di scossa elettrica possono occorrere anche 4-5 ore per rianimare la vittima, anche se le possibilità, dopo un’ora di tentativi, sono molto scarse.
L’effetto della respirazione artificiale è assai più rapido nei casi di annegamento.
ASFISSIA (incendi, fughe di gas)
Portare la persona fuori dalla stanza trascinandola sul pavimento. Non servono impacchi freddi sul viso.
Praticare la respirazione artificiale come per l’annegamento.
AVVELENAMENTO
Importante la tempestività con gli eventuali antidoti, visto che si hanno soltanto 20-30 minuti entro i quali è possibile neutralizzare i veleni.
Mentre si aspetta l’arrivo delle cure si può bere acqua in abbondanza o anche latte, avendo esso la capacità di neutralizzare i veleni acidi.
Non ostacolare in alcun modo il vomito spontaneo, la diarrea, l’eventuale febbre, anche se alta.
Provocare invece il vomito con degli emetici può essere controproducente.
MORSI DI SERPENTI
I serpenti velenosi lasciano il segno classico dei due forellini, mentre quelli innocui lasciano un semplice segno a forma di U.
In attesa di ricevere cura specifica, sarà opportuno distendersi e mantenere la calma.
Legare possibilmente la parte superiore dell’arto colpito per 20 minuti, poi slegare per 5 minuti e legare di nuovo. Digiunare aiuta a superare la crisi.
MORSI DI CANI
Non allarmarsi. Lavare bene la ferita. Se profonda, lasciar sanguinare liberamente e dimenticarsene.
Non fare il trattamento antirabbico o antitetanico che sono peggiori e più pericolosi dei morsi stessi.
PUNTURE DI INSETTI
Le punture di ragni, vespe, api, calabroni, scorpioni, tarantole, vedove nere, e simili, sono nella maggior parte dei casi lievemente velenose, e niente di più.
Rimuovere sempre il pungiglione e far uscire qualche goccia di sangue.
Scorpioni e vedove nere causano senso di torpore per circa 24 ore, ma poi tutto passa.
Non usare nulla per alleviare il prurito e il dolore.
PUNTURE DI RICCI DI MARE E MEDUSE
Questi piccoli abitanti del mare iniettano una neurotossina che provoca un intenso dolore.
E’ d’obbligo ripulire la ferita da eventuali residui, e far uscire un minimo di sangue.
A parte il dolore non ci sono conseguenze.
SANGUE AL NASO
Far sedere la persona su una sedia con la testa reclinata all’indietro.
Inumidire un batuffolo di cotone e inserirlo nella narice sanguinante, pressando poi entrambe le narici per 5 minuti. Fermata l’emorragia, lasciare il cotone nella narice per qualche ora.
FRAMMENTI ESTRANEI NELL’OCCHIO
Lavarsi le mani e ruotare la palpebra dall’alto verso il basso.
Asciugare delicatamente l’occhio con del cotone. Non sfregarlo, cosa che potrebbe far penetrare l’oggetto estraneo nei tessuti oculari.
Se l’infiammazione continua, meglio ricorrere a un oculista.
SOFFOCAMENTO DA CIBO O DA ALTRI OGGETTI
Il metodo più valido è quello del dr Heimlich.
Stando dietro l’infortunato, mettere le braccia intorno alla sua vita, leggermente sopra la cintura.
Far piegare in avanti testa e torso, quindi prendere stretto il vostro polso con l’altra mano e premere l’addome del paziente con forza e rapidamente, ripetendo la manovra più volte.
Ciò spingerà il diaframma verso l’alto, comprimendo l’aria nei polmoni ed espellendo l’oggetto che blocca il passaggio dell’aria.
Prima di questo sistema, i colpiti da soffocamento non avevano scampo, o dovevano subire un’operazione alla gola, con risultati spesso fatali.
Valdo Vaccaro – Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)
– Direzione ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)
WEEKEND SALUTISTICI ABIN IN VAL CAMONICA
Una ridente località montana
La località di Lozio si trova in Lombardia, in zona Brescia.
Per essere esatti sta in Val Camonica, poco oltre le Terme di Boario, a 1000 mt di quota.
L’ambiente prescelto, denominato Casa della Salute e della Sapienza, è confortevole ed accogliente, mentre la natura circostante è quanto di meglio possa offrire la montagna alpina, con fonti di acqua leggera, e possibilità di fare rilassanti e rigeneranti passeggiate nei boschi, con studio, riconoscimento e raccolta di erbe selvatiche, bacche e funghi.
Il prezzo popolare, tutto compreso, con pasti vegani e tendenzialmente crudisti, è di 40 € al giorno.
Cinque fine-settimana di studio, di relax e di salute
I weekend prescelti sono nelle seguenti date: 16-19 Aprile, 14-17 Maggio, 18-21 Giugno, 24-27 Settembre, 15-18 Ottobre. Luglio e Agosto sono stati lasciati fuori per non intralciare i programmi di vacanze libere che tutti amano riservarsi nel periodo del solleone.
L’invito è valido per tutti i soci e i simpatizzanti, e per chiunque volesse aggregarsi per curiosità, o per conoscere da vicino le filosofie e le pratiche igienistiche.
C’è pure la possibilità di un’analisi iridologica e dei consigli personalizzati per il proprio stato di salute, con un costo aggiuntivo di 10 € al giorno.
Modi di arrivare col mezzo pubblico
Per arrivare con mezzi pubblici alla fermata finale di Malegno-Cividate (località vicina a Lozio), c’è il bus dell’autolinea SAB (Tel 800139392) che parte dalla stazione della metropolitana di Sesto Marelli (Milano), oppure c’è il famoso treno della Val Camonica che parte dalla Stazione di Brescia e ha come stop finale la stazione di Malegno-Cividate.
La presenza può essere anche di 2 sole notti, sempre da scegliere tra i fine-settimana sopra indicati.
Sarà importante prenotare in anticipo, essendo i posti limitati.
Per informazioni dettagliate rivolgersi a Carmelo Scaffidi
Chi è interessato può ottenere maggiori dettagli contattando la ABIN di Bergamo:
donmilo2002@libero.it ale00@freemail.it info@abin.it
Tel 035-340208 e 338-9222610, chiedendo di Alessandro Scaffidi e Carmelo Scaffidi
(Comunicato della Direzione ABIN-Bergamo)