Due conferenze perse da parte della Barbara. Ci incontreremo alla prossima.
Ciao Valdo, mi è dispiaciuto non esserci alla conferenza La farsa delle diete alimentari di giovedì 5/2 alla AVA di Roma, e nemmeno a quella animalistica dell’8/2 di Foligno E’ giusto mangiarmi, è sano mangiarmi? (domanda lanciata come monito e sfida agli umani da un vitellino dallo sguardo carico di sdegno e di riprovazione verso il genere umano).
Mi sarebbe piaciuto conoscerti di persona, ma sono certa che non mancheranno altre occasioni.
La mortificante pratica del clistere
A parte questo, mi viene in testa che ci sono diverse correnti di pensiero (Ehret, tanto per citare un esempio importante), che invitano nei momenti di necessità al clistere. Soprattutto per chi non mangia nel modo giusto e si ritrova con intestini incrostati da annosi ed inamovibili residui, per cui le uniche soluzioni possibili sono l’azione ripulente del cibo crudo fruttariano-vegano e l’azione collaterale di azioni meccaniche disincrostanti.
Mi chiedo però se, già iniziando a mangiare in modo corretto, i problemi relativi all’evacuazione dei vecchi residui si risolvono col passare del tempo. Frutta e verdura contengono infatti talmente tante fibre che dovrebbero fungere da scopa intestinale. La domanda dunque è se si può avere un intestino pulito e sano senza dover poi ricorrere a pratiche così indegne e mortificanti.
Il mangiare e bere come impropri atti di aggregazione sociale
Mi chiedo spesso se l’atto del mangiare sia un atto sociale o piuttosto un momento di profonda comunione con noi stessi.
Che fosse un atto agricolo lo sapevamo da anni. Ma secondo le mie elucubrazioni di fine settimana, l’uomo usa troppo la scusa del cibo per creare aggregazione sociale.
Vogliamo godere della compagnia dei familiari? Ecco che prepariamo banchetti degni di matrimoni principeschi. Vogliamo incontrarci con gli amici? Ci vediamo al ristorante, dove tra una chiacchierata e l’altra ordiniamo e fagocitiamo distrattamente quantità di cibo che a casa non si sogneremmo mai di mangiare. Sulla qualità stenderei un velo pietoso.
Se si riesce a scansare la cena, ci si incontra dopocena, a rendere sociale almeno l’atto del bere.
Ed anche qui, tra la musica assordante che c’è nei locali e l’aria viziata che vi si respira, ci scoliamo fiumi di alcol e di superalcolici.
A me serve tranquillità, tempo e concentrazione per consumare il mio pasto
Insomma, nella civiltà odierna, mangiare e bere sono tutto tranne un momento di piena consapevolezza del tempo da dedicare a noi stessi per la nutrizione del nostro corpo e della nostra mente.
Eppure, a pensarci bene, è un gesto talmente intimo, ed è così esclusivo il rapporto tra il cibo e il nostro organismo, che dovremmo consumare i pasti col giusto pudore e l’adeguata concentrazione.
Nel mio caso personale, sono molto condizionata dal modo di mangiare delle persone che ho intorno.
Se sono nervose, o se ingoiano come sciacalli quello che hanno davanti, mi danno un forte senso di disagio, mi sento come se qualcuno mi stesse aggredendo.
E in quei casi cerco di velocizzare il processo, al fine di terminare in fretta un momento di malessere sociale.
Avrei bisogno di tranquillità e di tempo, per mangiare come dico io.
Se non mangi e non consumi, non sei autorizzato a transitare su questo mondo
Ma, se non vai a pranzo coi colleghi, sei un asociale.
Si prende il cibo come scusa per incontrarsi, come se, chiedere a un amico di vedersi in un giardino a chiacchierare, possa essere considerato un atto esecrabile di cui vergognarsi.
Abbiamo talmente elevato il cibo a momento sociale da aver riempito le nostre città di ristoranti, pizzerie, pub, fiere delle porchetta, eliminando nel contempo i luoghi d’incontro dove semplicemente sedersi e parlare.
E, mentre mangiamo, mentre buttiamo nel nostro intestino le tossine più varie, ci riempiamo la testa di rabbie, di gossip, di pensieri inquinanti.
A tutto questo non c’è scampo.
Se non mangi e non consumi, non sei autorizzato a transitare su questo mondo.
Mangiare come atto sociale-consumistico, non come fonte prima del nostro equilibrio salute-malattia
Queste pessime abitudini sociali vengono prontamente recepite dalle grosse industrie alimentari americane che, con astute strategie di marketing, ci propinano la peggiore immondizia più le giuste distrazioni per ingurgitarla.
Tante volte mi viene in mente l’immagine delle oche francesi destinate a donare il proprio fegato per il mercato del foie gras, immobili, legate, con un tubo in gola per far sì che mangino ed ingrassino più in fretta.
Noi siamo proprio così, come quelle oche, legati alla poltrona, bombardati dal tubo catodico che abbiamo attaccato alla testa e che ci nutre e sovraccarica la mente di immagini e di falsi bisogni che poi ci indurranno a comprare, e consumare.
Consumare e mangiare senza pensarci troppo, senza che la coscienza alimentare ci sfiori mai nemmeno per un istante.
Siamo stati tutti indotti alla realtà che mangiare sia un atto sociale, consumistico, aggregativo, societario, ma mai e poi mai una fonte prima della nostra salute o della nostra malattia. A presto. Barbara.
La mia risposta. L’impagabile risorsa dello scambio di opinione verace coi lettori.
Ho percepito che più di qualcuno si chiede come in questo mio lavoro di corrispondenza col pubblico io possa realizzare qualche guadagno economico.
Confermo che stiamo facendo del vero e proprio volontariato gratuito.
Una specie di personale contributo alla causa etico-salutistica.
Certo, qualche vantaggio ci potrebbe pure stare.
I lettori potrebbero sempre ricompensarmi aiutandomi a far vendere qualche copia in più del mio primo libro dato alle stampe e già in libreria coi primi di marzo, o prenotabile tramite la Anima Edizioni di Milano (redazione@animaedizioni.it), dal titolo L’alimentazione naturale dalla A alla Z (dettagli si possono trovare pure su www.Google.it, digitando valdo vaccaro e andando a pagina 6-7.
E potrebbero così decretare un successo di quel testo specifico e della collana che ne seguirà, trasformandomi in nuovo autore friulano doc, sulla scia di quel Carlo Sgorlon che è pure stato mio professore d’italiano all’Istituto Zanon di Udine negli anni 60.
L’Altra Parte del Cielo in gran spolvero
Ma, a parte queste fantasie editoriali, la corrispondenza con lettori autentici e attenti, ed in particolare con lettrici di questo calibro, è già di per sé ricca ed appagante.
Ho lavorato in passato nel giornalismo, nella cronaca e nello sport. So cos’è la bolgia e il campo di battaglia del quotidiano. E so anche come la corrispondenza coi lettori sia fatta il più delle volte da lettere inventate di sana pianta, o di messaggi pesantemente censurati.
Qui invece siamo di fronte a un piccolo autentico forum.
Il livello poi di competenza e di sensibilità dei messaggi in arrivo la dice lunga sulla qualità delle persone che ci seguono. Rilevo pure un fatto importante, ed è quello della particolare perspicacia e della emancipazione culturale e professionale dimostrata dalla componente femminile.
Senza offesa ai maschi, illustri assenti o quasi, o tutti attenti a qualche dettaglio poco significativo, pronti eventualmente a porti obiezioni su una parola o su un argomento sessuale troppo spinto e dissacrante, trovo che le posizioni più avanzate e più cariche di pepe, di vivacità e di contenuto, arrivano proprio dalle donne, ovvero dall’ Altra parte del Cielo, come le dipingeva Mao Tse-Tung.
Chiamatelo pure caso, se volete, ma per me è invece un segnale di tendenza.
Il clistere è mortificante, ma pure il digestivo e il purgante, e lo stesso caffè, non sono cose di cui andare fieri.
Arrivare a 30 anni e aver bisogno del prete o del medico significa che sei un fallito.
Cara Barbara, hai centrato entrambi i problemi alla perfezione, sia quello del mangiare come malessere, più che benessere sociale, e sia quello della mortificazione del clistere.
Direi che neppure il purgante rappresenta una soluzione di cui andare fieri. Come sono degradanti il vino per acquisire fatua brillantezza, il digestivo per liberarci da uno stomaco appesantito e il caffè per guadagnare qualche un’ora di vitalità.
Come è degradante per un uomo ammalarsi.
Arrivare a 30 anni e aver bisogno del prete o del medico per risolvere i tuoi problemi spirituali o corporali, significa che sei un fallito, diceva un anonimo al tempo dei faraoni.
L’atto del mangiare è idealmente, come tu magistralmente dici, un momento di profonda comunione con noi stessi.
Chi non beve in compagnia è un ladro o una spia
Un momento in cui dovremmo concentrarci sull’atto stesso in modo rilassato e tranquillo, in una specie di rito religioso individuale.
Bisognerebbe svolgere questo intimo rito tra il cibo e il nostro organismo col giusto pudore, con la giusta riservatezza.
Se poi lo condividiamo con qualcuno, questo qualcuno dovrebbe almeno essere una persona gradevole che ci permetta di essere noi stessi, di mangiare quello che desideriamo e come lo desideriamo.
Purtroppo, i pasti in compagnia sono spesso tutt’altro che così.
Trovarsi poi a chiacchierare con qualcuno fuori da un pasto, arrischia di rendere il meeting cosa esecrabile da carbonari o da congiurati, da attentatori o da membri della massoneria.
Si è portati a mangiare quello che offre il menù, a bere quello che bevono gli altri, anche perché Chi non beve in compagnia è un ladro o una spia.
Il pessimo affare dei pranzi e delle cene d’affari
Chi poi, anziché amici e familiari, si incontra spesso coi clienti, con persone che sono determinanti per il suo lavoro, a maggior ragione antepone alle sue necessità bio-psicologiche quelle commerciali.
Quasi che, senza un pranzo o una cena d’affari di mezzo non sia possibile fare del business al meglio.
In realtà, sia l’agente che il cliente farebbero molto volentieri a meno dal finire nella trappola del digestivo-purgante-clistere, ma alla fine ci cascano spesso entrambi.
Personalmente, nella mia lunga esperienza in Asia, la gente conosce assai bene le mie caratteristiche, e mi incontra volentieri in qualunque momento del giorno o della notte, sapendo che si parlerà di pure questioni tecnico-commerciali non implicanti ore buttate via su un tavolo da ingozzamento forzato.
Con me, l’unico rischio che si corre è quello di finire davanti a uno stand all’aperto dove ti servono il famoso durian fruit.
E’ dimostrato dai fatti che i pranzi e le cene d’affari non aggiungono nulla di concreto al risultato finale.
Gli operatori che badano al sodo e non ai fronzoli lo hanno acquisito da tempo.
Quelli che non lo hanno ancora capito, è perché amano quello schema, per cui ogni meeting è una buona scusa per divertire il palato ed attentare ai propri incrostati intestini.
Stagnazione acque significa malattia, cattivo odore, aspetto giallastro e invecchiamento precoce
La giovinezza e la salute di una persona sono determinate principalmente dal grado di fluidità del suo sangue e della sua forza vitale.
Tale forza vitale (nutritiva-pulitiva) deve poter scorrere liberamente attraverso l’intero sistema corporale.
Tale forza vitale dipende dalla purezza e dalle scorrevolezza delle correnti sanguigne e linfatiche, le quali dipendono alla fin fine dalla qualità delle acque che circolano nel corpo.
Le acque interne, che non vengano ricambiate e ripristinate regolarmente, diventano acque stagnanti ed inquinanti.
Stagnazione acque organiche significa malattia, cattivo odore, aspetto pallido o giallastro, invecchiamento e morte precoce.
L’abbondante uso di succhi freschi di frutta e di vegetali fornisce all’organismo la migliore acqua organica di cui esso ha bisogno, e rende del tutto inutile la necessità di bere un singolo bicchiere di acque dure, o peggio ancora delle altre orribili bevande proposte o imposte dal mercato.
Chiaramente, rende anche del tutto liberi dal ricorrere agli antipiretici, alle aspirine, alle purghe e ai clistere.
Superfluo aggiungere che tutte le proteine animali remano contro, sia per il sale inorganico e idro-ritentore con cui sono regolarmente accompagnate, che per i residui putrefattivi e i miasmi cadaverinici tipici di carne-pesce-uova che vanno a rovinare e compromettere le meraviglie funzionali del nostro apparato gastrointestinale.
Le differenze tra i medici ciliegiofili alla Ehret e i medici viagrofili e clisterofili dei giorni nostri
Tu Barbara citi giustamente Ehret.
Chiaro che per trovare dei medici come lui ci vuole altro che Diogene con la famosa lampada a giorno.
Arnold Ehret da giovane, fu capace di farsi, assieme ad alcuni colleghi medici pazzi come lui, delle camminatine terapeutiche andata e ritorno da Friburgo in Baviera fino in Trentino.
Una sgranchita di gambe della durata di oltre un mese, per rilassarsi al sole e all’aria aperta, e per fare la cura delle ciliegie, tornando a casa abbronzati e pieni di vita, guariti da ogni problema, liberi da miasmi, incrostazioni e clistere.
Vai a dire a un medico di oggi di andare non da Friburgo a Bolzano, ma dal suo studio alla periferia del posto in cui vive, a farsi una cura delle ciliegie.
Ti farà una prescrizione di qualche psicofarmaco d’emergenza.
Poi inserirà la chiave della sua Porsche e andrà a prendersi un aperitivo con due olive al solito bar distante 800 metri. Fumerà un paio di sigarette e chiuderà il tutto con un ennesimo caffè ristretto.
In attesa ovviamente del pranzo o della cena a base di pesce o bistecca magra al limone.
Sposato o no, problemi non ne ha. Accanto al pacchetto di Marlboro non manca mai la mitica scatoletta di Viagra. Il clistere lo tiene pure con sé, ma nel cruscotto dell’auto.
Ma chi sei per dire queste verità?
Due litri d’acqua al giorno, come minimo. Lo dicono i medici!
C’è della gente che, prima di ascoltarti, ti chiede se hai l’autorità per dire qualcosa di utile e di importante.
Parli di politica? Devi essere un deputato, se no fai la parte del cretino.
Ti stai facendo un guardaroba? Che si tratti di articoli griffati, sennò saranno degli anonimi stracci.
Devi giudicare la morte di Eluana Englaro? Il padre Beppino appena ieri aveva detto giustamente, dopo 17 anni di pena per sé e la povera ragazza in coma, che La condanna a vivere ad ogni costo è peggio di una condanna a morte. Eppure oggi c’è il prete e pure il giudice pronti ad accusarlo di omicidio colposo.
Non basta nemmeno essere dei padri virtuosi e dei padri-modello, per potersi esprimere sulla propria amatissima figlia.
Parli di salute e di malattia?
Ma se non sei un dio medico fai la parte del salame o del mona qualsiasi, come dicono a Trieste.
Ecco perché allora, dire che i due litri almeno di acqua al giorno suggeriti dai medici sono un insulto alla salute, viene preso come uno sproposito di persona non qualificata.
Ecco perché non solo i medicinali, ma persino i cibi e le bevande stanno passando sotto l’egida e la giurisdizione del medico, vale a dire del professionista meno preparato, idoneo e competente in fatto di salute naturale (salvo le dovute eccezioni che ovviamente esistono).
La deificazione del medico
La medicalizzazione della gente ha portato, come logica conseguenza, alla deificazione del medico.
Ma questo fa male sia alla gente che al medico stesso.
Che serve mettere il medico sul piedistallo e poi gettarlo domani alle ortiche quando non ha compiuto il miracolo?
Il medico è un essere umano, con tutti i suoi limiti, i suoi pregi e i suoi difetti. Non è un semidio.
Vallo te a spiegarlo alla gente.
Puoi essere concepito e puoi nascere, puoi vivere e morire, ma sempre a condizione che ci sia di mezzo il dio medico, armato beninteso del dio farmaco.
Morire può essere brutta cosa.
Ma vuoi mettere le delizie della chemio?
Vuoi mettere l’onore di essere tagliati e sezionati da un dio chirurgo in camice verde?
Vuoi mettere lo sfizio di possedere un organo trapiantato?
E la gioia di mettere in bocca dei farmaci antirigetto?
Che gusto c’è stare bene perché te l’ha insegnato il non-medico, il non-qualificato Pinco Pallino?
Cosa dici? Vuoi optare per un discorso salutistico?
Allora, mi spiace dover essere chiaro, non hai capito proprio niente dalla vita.
Valdo Vaccaro
Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)
Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)
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