Il problema della sindrome post-COVID. Ipotesi di protocollo e terapia.

Aumentano sempre di più i pazienti COVID-19 che, una volta dimessi come “guariti”, lamentano sintomi più o meno importanti che si protraggono anche per alcuni mesi.
Spossatezza, affanno, perdita dell’olfatto o del gusto, sonnolenza, confusione mentale, problemi di memoria e di concentrazione costituiscono la varietà e la variabilità di questi sintomi, che solo in parte, per quel che ne sappiamo , sono legati alla severità con cui si era manifestata la malattia. Dopo appena qualche mese dall’inizio della pandemia Sars2-Covid-19 molti dei pazienti che si erano ammalati di Covi-19 e, si presumeva, ne fossero guariti, affermavano di avere a che fare con i sintomi della malattia, magari sfumati, vaghi o aspecifici, ma comunque presenti.
I Medici e gli infermieri, già sotto stress e in difficoltà nell’affrontare i casi acuti dell’infezione virale, rimanevano perplessi, e il più delle volte fornivano al disorientato paziente spiegazioni meno preoccupanti per ciò che loro veniva riferito.
Ora abbiamo un nome per questo imprevisto problema.
La verità è che affermare “sindrome post-Covid” (in inglese, long-haul COVID o semplicemente long-COVID) costituisce il primo passo verso l’inquadramento clinico di queste sofferenze che stanno colpendo i pazienti colpiti dal Covid, per poter poi guidarli prognosticamente verso la restitutio ad integrum anche psichica.

Di tutti gli aspetti del virus che sono stati e che vengono affrontati in questa pandemia, questo dei sintomi “post-guarigione”, potrebbe risultare alla fine il più difficile da riconoscere e da combattere.
I malati che ne sono colpiti continuano a descrivere sintomi che vanno ben oltre quello che si considera il “normale corso della convalescenza”. Segni e sintomi che possono durare settimane, a volte mesi e per qualcheduno non se ne scorge la fine.
Immedesimiamoci nei colleghi medici e negli indispensabili infermieri che, trovandosi di fronte a degli “ex pazienti” con sintomi così generici e diffusi, debbano giocarsi la possibilità di riferirli con certezza al Covid.
Un paziente che lamenta sonnolenza, capogiri, cefalea, smemoratezza, mialgia diffusa e irrequietezza psico-motoria ha una sindrome post-Covid o tutt’altra patologia? E la tosse persistente associata a dolori muscolari e insonnia? E la febbre ricorrente?
In un forum internazionale sulla sindrome post-Covid tenutosi il 9 dicembre 2020, Tedros Adhanom, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha affermato che “nel corso degli ultimi mesi sono aumentate le evidenze di gravi effetti a lungo termine di COVID-19”.
Gli fa eco Danny Altmann, immunologo dell’Imperial College di Londra, che approssimativamente stima “molto più di cinque milioni di persone sul pianeta che sono affette da sindrome post-COVID”.

La sindrome post-COVID non è ancora né ben definita né ben compresa. Le ricerche sono all’inizio. Il termine è usato, a grosse linee, per definire le persone in cui si sviluppano o persistono sintomi al di fuori dell’infezione virale iniziale. Per il momento, la patogenesi e la durata dei sintomi rimangono sconosciute.
Delle sequele tardive sono state descritte anche in giovani sani che avevano contratto il COVID in maniera non grave.
Si segnalano pazienti con sintomi di natura intermittente.
Questa è una delle prime sindromi riconosciute a partire dai racconti dei pazienti postati sui social.
Un dato comunque è certo: la sindrome post-COVID è reale, le sue manifestazioni croniche possono essere molto debilitanti e il numero di persone coinvolte potrebbe essere molto ma molto rilevante.
Da qui l’urgenza di investire nella ricerca e nelle cure a queste persone dedicate.
Per ciò che mi riguarda, sto “curando”, o meglio, ho preso in consegna due amici affetti da sindrome post-COVID.
Ho stilato un protocollo clinico (sarei ben lieto dei suggerimenti e del completamento semeiotico-strumentale da parte dei colleghi) per iniziare una strategia di Medicina basata su prove di efficacia (Evidence-based medicine).

Di seguito elenco degli esami:
● Anamnesi.
● Valutazione temperatura sub linguale rilevata nell’arco di tempo mattutino ore 7-8.
● Valutazione asse ipotalamico-tiroideo surrenalico.
● Eco-cardio-color doppler.
● Rx Torace e spirometria.
● Mec (matrice extracellulare).
● Mineralogramma.
● Disbiosi (sistema immunitario digestivo, flora batterica, enzimi digestivi, indici intestinali).
● Funzionalità fegato, rene e valutazione neurologica.
● Indici metabolici (che non sto qui ad elencare) la PA.
● Ecocolor doppler dei tronchi sovra-aortici.
● Tac del torace.
● Da sottoporre il paziente anche ad una accurata visita fisiatrica.

Nei casi di perdita dell’equilibrio e di memoria:
● RM encefalo e Tronco-encefalico.

 

Dr Teodosio De Bonis
Specialista in Anestesia e Rianimazione
Master II livello di Ozonoterapia
Direttore scientifico sanitario della Daphne Lab