L’ ACQUA PIU’ BELLA E BUONA DEL REAME

L’ ACQUA  PIU’  BELLA  E  BUONA  DEL  REAME   

 

 

Quando uno ha sete che fa? Beve solo acqua distillata?

 

Caro Valdo, ti conosco da appena una settimana e già sono passato al caro. Siccome non soffro di tendenze strane, significa che le tue argomentazioni sono davvero convincenti, per cui si può davvero parlare con te in termini chiari ed amichevoli.

Sono quasi-naturopata, ma sto imparando più sulla nutrizione da te che in tutti i miei tre anni di scuola, e te ne sono immensamente grato.

Vengo alla mia domanda.

Siccome acqua leggera ed equilibrata qui da me non se ne trova (se non nella frutta e nella verdura cruda), quando bevo dell’acqua perché ho sete di acqua vera, è preferibile bere acqua distillata?

Grazie mille fin d’ora. Ilario, da Cagliari.

 

La curiosità e i dubbi  sull’acqua sono sempre tanti

 

Ciao Ilario, ti ringrazio per l’attestato di stima.

A proposito dell’acqua, ne ho scritte di tesine, una manciata almeno.

E ne parlo pure in continuazione nei miei vari articoli.

Ma la curiosità è sempre tanta, mentre i dubbi continuano a fioccare.

Proprio ieri è venuto da me un caro amico, il dr Daniele Ronco di Tavagnacco (nome vero e non di fantasia), che è stato pure compagno di corse in bicicletta sportiva nelle varie zone della pedemontana friulana. Mi ha chiesto un po’ la stessa cosa.

 

Quale è l’acqua più buona, bella, dissetante ed innocente?

 

Meglio bere l’acqua in bottiglia o quella del rubimetto?

E quella delle varie sorgenti che sgorgano un po’ dovunque nei dintorni di Udine?

Ti ricordi le nostre corse a Taipana, a Sedilis, ad Arta Terme, con tutte le varie acque, deliziose e rinfrescanti, dai sapori così diversi una dall’altra?

Quale è, secondo te, l’acqua migliore?

Mi state insomma trasformando in una specie di sommelier della bevanda regina, in un teorico della bevanda tanto vituperata ed invisa agli alcolisti.

 

 

L’uomo non è un grande bevitore d’acqua, ma un consumatore intensivo di frutta e verdura crude. Più bevitore di vino che di acqua.

 

Cominciamo col  ribadire che l’uomo, in condizioni normali di equilibrio e di salute, non è un grande bevitore d’acqua, ma piuttosto è un consumatore intensivo di frutta e verdure crude, le quali gli garantiscono un ottimale equilibrio idrico e salino.

Aggiungiamo pure, a consolazione dei patiti della vigna, che il vino sarebbe, dal punto di vista gustativo ed enzimatico, addirittura migliore dell’acqua, se non fosse per quella maledetta sostanza che si chiama alcol, e che  ha la pessima abitudine di distruggere le cellule epatiche, rendendo il fegato umano simile a un colabrodo che non filtra più le sostanze nutritive.

 

L’uomo sano e normale è ormai merce rara

 

Purtroppo l’uomo sano e normale è diventato un’astrazione della mente.

L’uomo che si comporta da uomo e non da arlecchino, lo devi cercare col metodo di Diogene, che circolava con la lampada accesa in pieno giorno, alla disperata ricerca di un uomo vero.

Se invece vuoi trovare il mediocre, quello che mette in bocca qualsiasi porcheria e qualsiasi liquido, quello che non discrimina tra cibo innocente-sano-digeribile e cibo cadaverale-intasante-ammalante, non serve la lampada, né di giorno né di notte, basta andare a tasto e a casaccio, o ad occhi bendati.

 

L’uomo standard, il malato seriale, ha sempre una gran sete

 

I consumatori di carne e di pesce, di affettati e latticini, di cibo salato, dolcificato e cotto, sono costantemente afflitti da una gran sete, indipendentemente dalle condizioni climatiche e dal ritmo della loro attività fisica.

Trattasi di una sete di carattere eminentemente chimico.

Questa gente vive in continuo stato di febbre gastrointestinale interna, il più delle volte non rilevabile esternamente mediante termometro, date le condizioni di sangue intasato  e di scarsa intercomunicabilità osmotico-calorica del loro organismo.

 

Persone inadatte alla frutta e inadatte al sole

 

Siamo di fronte a persone del tutto particolari, in quanto ospitano al loro interno una costante situazione patologica di surriscaldamento.

Angurie e meloni, pesche e uva, fragole e ciliegie, cocco e cachi, introdotti in tali apparati, diventano automaticamente, per questa gente sventurata e masochistica, materiale alcolico-fermentante.

Il classico consiglio dei medici, in questo caso, è quello di bere almeno due litri d’acqua al giorno.

Quanto alla frutta, è meglio che si astengano, data la spiccata incompatibilità della vitamina C con la B12 e coi prodotti animali che caratterizzano la loro nutrizione.

Quanto al sole e alla vitamina D, meglio pure astenersi o mettere almeno tante creme protettive, perché il surriscaldamento interno non trova giovamento da ulteriore assorbimento calorico.

Le uniche eccezioni possibili si possono fare per le mele, la papaia e l’ananas, dotati come sono di enzimi anti-fermentanti, e dunque consumabili senza troppi problemi dai mangiatori di salme.

 

 

 

 

 

In tempo di virus, la protezione più efficace non viene dai vaccini ma dalle vitamine C e D, alleate-amiche del sistema immunitario, al contrario dei vaccini che lo snobbano e lo disattivano

 

Siccome siamo in periodo di grosse problematiche batterico-virali, capziosamente imposte alla popolazione del pianeta da una concrega di incompetenti, di briganti e di malfattori, sarà opportuno dire una cosa importantissima.

E cioè che, 10 volte meglio di qualsiasi vaccino, si ottiene protezione e immunità, da tutti i tipi di influenze stagionali-suine-aviarie-equine-canine-volpine-asinine, con la semplice ottimizzazione della vitamina C in tempo estivo, e della vitamina D in tempo invernale.

Dove sta il miracolo? Nel semplice fatto che le vitamine C e D sono strette alleate del nostro sistema immunitario, e lo mantengono forte ai massimi livelli di efficienza.

L’esatto opposto del vaccino, che dà una martellata in testa al sistema immunitario, mandandolo fuori uso e disattivandolo, illudendo così il soggetto di essersi reso immune e protetto, mentre si tratta solo di una mancanza iperpatologica di reazione.

 

Ubriacarsi di frutta e di sole, ma per fare questo occorre prima abbandonare la bistecca

 

Chi si ubriaca di buona frutta e di verdure crude durante l’estate, non saprà mai cos’è una crisi virale o una crisi batterica. Il suo ottimo livello di vitamina C lo tiene al riparo da qualsiasi problema, escludendo la disgrazia e l’incidente stradale.

Chi sa stare al sole il più a lungo possibile anche nei mesi meno caldi, riesce a trasformare l’ergosterolo della sua pelle in vitamina D, e il suo ottimo livello di D lo tiene protetto da ogni influenza invernale.

Se proprio non gli riesce di prendere sole in abbondanza, dovrà includere quotidianamente nella sua dieta dei germogli, dei semi di girasole-sesamo-lino, dell’avocado, del succo di carota, dei funghi, delle mandorle.

Alla fine, la combinazione di vitamina C e di vitamina D nell’arco dell’anno, protegge con maggiore efficacia di ogni vaccino, ed in più non dà alcun effetto collaterale, perché parliamo di vitamine vere e naturali, non di quelle farmaceutico-sintetiche, sballanti, fasulle e creatrici di autentica dipendenza.

Chiaro che questo discorso non è applicabile ai mangiatori di cadaveri.

Chi mangia male, beve male, si integra male, e si protegge pure male dalle emergenze.

Il vaccino fa male anche a loro, questo è sicuro, ma non abbiamo altro suggerimento che invitarli ad abbandonare in modo rigoroso la bistecca, il pollo, il salame e tutto quelle che fa rima con cadavere.

 

Come proteggersi senza usare vaccini o medicinali pericolosi

 

Da un messaggio inviatomi ieri dal dr Corrado Penna (dal titolo Dodicimila bambini usati come cavie per un vaccino pericolosissimo per tutti), elenco, arricchisco e leggermente ritocco, gli appropriati consigli di un medico responsabile italiano, il dr Mercola, apparsi su scienza marcia.blogspot.com:

  • – Evita lo zucchero raffinato e i cibi troppo lavorati o cotti
  • – Riposa a sufficienza
  • – Mantieni il tuo stress sotto controllo (fa’ esercizi di respirazione profonda)
  • – Fa regolare esercizio fisico, e sta a stretto contatto con la natura
  • – Usa regolamente dell’aglio e della cipolla (senza esagerare però)
  • – Evita rigorosamente i farmaci e i vaccini
  • – Evita il fumo attivo e passivo, evita il caffè, evita gli integratori, evita le proteine animali
  • – Non frequentare, se non per emergenza, gli ospedali, che sono ambienti ideali per infezioni di tutti i tipi

Il mal-bere nel quadro classico della degenerazione alimentare umana

 

Esistono però le complicazioni, ovvero gli errori che producono altri errori.

Chi mangia male, chi mangia in modo non conforme al suo disegno gastrointestinale smaccatamente vegano, è costretto a bere male, dicevamo poc’anzi.

Beve male ricorrendo a bibite rinfrescanti ma dolcificate e gassate, al saccarosio o, peggio ancora, all’aspartame

Beve male ricorrendo a bevande alcoliche, superalcoliche e fermentate.

Beve male ricorrendo a the, caffè, e digestivi.

Beve male ricorrendo a succhi di frutta e di verdure confezionati e quindi pastorizzati (privi di enzimi, di vere vitamine e di minerali organicati).

Beve male ricorrendo persino al latte di mucca (scordandosi che quella non è una bevanda ma un alimento per soli vitellini, e per giunta rigorosamente non svezzati).

Beve male ricorrendo ai due ed oltre litri d’acqua consigliata dai medici, perché l’acqua è anche un solvente, e tende a slavare, deglucosizzare e demineralizzare il corpo, per cui il prossimo errore sta dietro l’angolo, ed è il ricorso agli  integratori minerali, al sale da cucina, pure esso integratore salino classico, ai cibi dolci e vitaminizzati.

Questo è il quadro completo della tipica degenerazione alimentare umana, al motto di  disgrazia chiama disgrazia. Mangi male, bevi male, ti reintegri male, ti difendi male.

 

La sete delle persone normali e virtuose, ovvero la sete dei vegani

 

Normalmente, il vegano non è surriscaldato, non ha febbre interna e quindi non è afflitto da sete intensiva, anche perchè ricorre all’anguria e alle pesche, ai frutti di bosco e alla noce di cocco, alle arance ed ai pompelmi, e magari ai frullati di carote e sedano, e di altre simili delizie della natura.

E la sua alimentazione naturale comporta digestioni rapide e magnifiche, con regolare ed eccellente ritmo metabolico.

Può succedere pure al vegano di trovarsi in condizioni di emergenza idrica, per super-attività fisica ed intensa essudazione.

Un calciatore perde mediamente 2-3 kg a partita.

Ricordo poi che, molti anni fa, in una massacrante maratona ciclistica tra le montagne del Friuli e le Dolomiti, mi successe di perdere 9 chili, recuperati regolarmente nel giro di 5 giorni.

In questi casi di emergenza, anche il vegano deve ricorrere all’integratore naturale chiamato acqua, bevendo quanto basta, e senza preoccuparsi troppo di quale tipo d’acqua.

 

Quale è dunque l’acqua migliore, se vogliamo discriminarla e sceglierla?

 

Una bella sorgente che sgorghi non distante da un nevaio, è sicuramente il meglio del meglio.

Negli Stati Uniti ed in Canada stanno vendendo con successo, a prezzi da vino champagne, acqua di iceberg.

Perché mai tutto questo interesse idrico per la neve ed il ghiaccio?

Perché l’acqua delle precipitazioni atmosferiche, siano esse pioggia, grandine o neve, è sempre l’acqua più leggera e più pura, più distillata (naturalmente) e più libera dai dannosi minerali inorganici onnipresenti nelle acque di superficie (specie l’acqua di mare, che è la più mineralizzata e pesante, nonché la più micidiale come bevanda), e in tutte le sostanze cotte, naturali e non naturali, visto che la cottura svolge l’esatto ruolo opposto alla fotosintesi, che si chiama disorganicazione.

 

 

 

Il sostentamento della vita è tutto basato sul miracoloso fenomeno della fotosintesi clorofilliana

 

La base del sostentamento minerale delle creature viventi sta tutta nel miracoloso fenomeno della fotosintesi clorofilliana, dove i minerali del suolo (inorganici e non assimilabili, e dunque velenosi per l’organismo) vengono assorbiti dalle radici delle piante, mandati in circolo con la linfa vegetale per subire poi il processo finale di organicazione nei germogli, nel fogliame e nella frutta.

Questa operazione è tanto sottile  e sofisticata che ha del prodigioso.

L’analisi strettamente chimica con gli strumenti tradizionali non rivela alcuna differenza tra il minerale del suolo e quello della frutta viva, eppure la differenza esiste ed è enorme, e viene determinata da fattori imponderabili quali la carica enzimatica, la carica biomagnetica, la carica radiante, la vitalità.

Molta gente mi chiede la formula chimica dell’organicazione, ed anche quella della disorganicazione tramite la cottura dei cibi. Li rimando ai migliori testi di chimica organica.

 

La prova delle patate irradiate che non germinano più

 

La prova più evidente è però quella delle patate.

Se vengono irradiate (come la maggior parte di quelle vendute in confezioni commerciali) non germinano, nemmeno se le bagni e le interri, come succede invece con ogni patata al naturale.

In pratica, la patata irradiata equivale a una patata precotta, per cui, se vai pure a cuocerla, ti ritrovi con un cibo cotto due volte e quindi devitalizzato due volte.

All’occhio le patate normali ed irradiate non presentano alcuna differenza.

Solo che le prime sono vive e le altre sono morte. Un bell’affare davvero.

Diventano come un uomo privato dei suoi testicoli.

Perché le irradiano? Per tenerle più a lungo nei loro magazzini senza che spuntino i relativi germogli.

Il movimento igienistico americano ha condotto memorabili campagne contro l’irradiazione dei prodotti naturali in America, e il discorso ha riguardato anche rape, carote, cipolle, aglio, castagne, banane, mele.

 

Ogni fonte naturale, non inquinata, è una benedizione per l’assetato

 

Tornando ai diversi tipi di acqua, se è vero che l’ideale è quella di provenienza e vicinanza nevosa, cosa ne facciamo delle tante magnifiche sorgenti di acqua fresca che zampillano in modo naturale al margine di strade, boschi, colline e ruscelli?

Per chi fa il suo jogging, o per il ciclista che sta sbuffando e soffrendo lungo la ripida salita, trovare queste fonti è un’autentica benedizione.

Niente meglio di quell’acqua fa al caso suo, poco importa se si tratta della fonte ferruginosa di Ovaro (oltre Tolmezzo in direzione Forni Avoltri), o di quella solforosa o pudia di Arta Terme (ed anche di Bagni di Lusnizza, di Artegna e di Tarcento), o di quelle alcalino-terrose del Citòn (Fontanabona di Pagnacco) o di Santa Margherita, o di quelle radioattive (di Leonacco Basso), tanto per citare quelle del Friuli (sapendo che ogni regione d’Italia ha le sue ottime acque).

 

La bevuta occasionale fa sempre bene, ma non è così per la cura dell’acqua

 

Nessuno si ammala di impropri depositi di ferro e di zolfo, per una bella occasionale bevuta, a carattere rinfrescante e rigenerante, presso una sorgente vera.

Tanto più che quel tipo di acqua, oltre che essere divinamente fresca, si è arricchita di ottimo magnetismo terrestre naturale, un valore tanto imponderabile quanto prezioso.

Assai diverso invece è il caso di chi pretende di fare una vera e propria cura con quelle specifiche acque, e sta lì a sorbirsi dei litri, e si porta a casa delle damigiane, convinto magari che l’acqua ferruginosa gli apporti ferro e gli curi l’anemia, e che quella solforosa gli apporti preziosi solfuri disintossicanti per il fegato, e che quella radioattiva gli doni tutta l’energia e la vitalità che gli mancano, non sapendo che si tratta di autentiche balle in quanto, come già detto, i minerali inorganici delle acque dure finiscono molto male, con gli atomi di calcio che vanno ad ingrossare i calcoli pre-esistenti o a formarne di nuovi, gli atomi di ferro che vanno a rendere più dure e devastanti le placche di colesterolo nelle arterie, e gli atomi di zolfo che devono essere prontamente espulsi nelle urine.

 

 

La superstizione e il gatto nero, l’acqua santa e lo svenimento

 

Evidentemente, l’insegnamento dei medici di un tempo, che tentavano invano di curare l’anemia con le acque ferruginose (e pure col ferro-eme del sangue fresco di macello), hanno lasciato il segno.

La creduloneria e la superstizione sono dure a morire, almeno quanto il discorso del povero e innocente gatto nero, visto come segno negativo del destino.

C’è ancora chi crede nel potere taumaturgico e santificante dell’acqua santa.

Ma il mio grande nonno Markin, rimproverato dal prete che non lo vedeva in chiesa come tutti i capi-famiglia dei tempi andati, gli disse la sua franca verità: Sior plevàn, une gòte di aghe sante mi fas vignì svinimént, quant che el tài di merlòt di Pièri Grop mi dà une sàne ligrìe (Signor parroco, una goccia di acqua santa mi provoca svenimento, mentre un bicchiere di merlot di Pietro Del Fabbro mi dà una sana allegria)

 

Non esiste altra mineralizzazione al mondo se non quella del crudismo vegano.

Come l’amore non si compra nei bordelli, così la salute e la protezione non si comprano in farmacia, e tanto meno nelle macellerie

 

La semplice nuda e cruda verità è che il solo modo efficace, intelligente e privo di effetti collaterali,  di prendersi dei minerali utili al nostro corpo, è il ricorso sistematico al crudismo vegano.

Non esiste altro sistema al mondo.

Come l’amore non si compra nei bordelli, così la salute e la vitalità del cibo bio non si comprano nelle farmacie, e tanto meno nelle macellerie.

 

L’acqua è sempre una risorsa inestimabile

 

L’acqua è sempre preziosa per l’assetato ed il surriscaldato.

Sorella acqua, la chiamava il Santo di Assisi.

Non solo come bevanda, ma anche come sostanza ripulente, detergente e rivitalizzante per la pelle.

Lo sapevano bene i romani, inventori delle cure termali, e lo sapevano bene gli  igienisti tedeschi come l’abate Kneipp, massimo esponente dell’idroterapia.

Lo sapevano persino i prigionieri vietcong che sbalordivano i marines americani nella guerra del Vietnam.

Gli americani, tutti vaccinati e sterilizzati, ma dal medico un giorno sì e uno no, bottiglia d’acqua e lattina di coke obbligatorie a tracolla, mentre i vietcong si inginocchiavano davanti a qualsiasi rigagnolo della giungla, agitavano con le mani il fondo melmoso rendendo l’acqua color caffelatte, e la bevevano avidamente, senza buscarsi mai nessuna malattia.

 

 

Tutti alla sorgente, animali della savana e bevitori seriali

 

Lo sanno bene gli animali della savana che nella stagione secca convengono tutti ad abbeverarsi alle poche bolle di acqua calda e sporca disponibili, cariche di batteri e di fanghiglia, senza mai ammalarsi di niente, anche perché dotati di un sistema immunitario magnifico ed efficiente.

Lo sapeva pure il mitico Viliàn, che sceglieva il sabato e la domenica per le sue memorabili bisbocce, ma che passava l’intero giorno del lunedì a smaltire i fumi dell’alcol accanto alla sua personale sorgente, in zona Scavàde-Citòn.

Altrettanto faceva Carnéra di Branc, che andava a purificarsi presso la sorgente della Lìule, oltre il Cormor in zona Pagnacco.

 

E’ tutta una questione di fame

 

E’ un po’ come la Boccadirosa di Fabrizio De André.

Se uno se ne sta con una deliziosamente focosa amichetta, mica è scemo.

Si fa l’amichetta (o viene fatto dalla medesima), e Boccadirosa dovrà scendersene ad un’altra stazione.

Ma se uno arriva da un viaggio nel triangolo Iran-Iraq-Afghanistan, dove se andava a scherzare coi suoi speciali attributi, correva il rischio che glieli venissero tagliati, ecco allora che la puttanella mercenaria finisce per svolgere un ruolo fondamentale.

E’ tutta una questione di livelli di fame.

 

Capiamoci meglio, almeno sui concetti fondamentali

 

A volte, si dà il giusto insegnamento, ma si viene recepiti o intesi malamente.

Un conto è dire che la frutta migliore è quella del tuo frutteto, o quella biologica garantita, dove si adoperano soltanto concimi naturali di foglie e nessuna porcheria chimica, e un conto è dire assurdamente che la frutta in generale non debba essere considerata.

Dal momento che la frutta odierna costa già cara nella versione normale e non-bio, e che quella bio ha quotazioni stellari, ragionando in quel modo finisce che la gente riduce al minimo l’apporto globale di frutta e continua ad ingozzarsi con le tipiche e note porcherie.

A questo punto il consiglio è il seguente.

Mangiare frutta di qualsiasi tipo, in modo regolare ed abbondante, dando leggera preminenza alla frutta del vostro orto o a quella che sapete essere meno trattata.

In linea poi con quanto ho scritto nella tesina  Il falso problema del cibo biologico.

 

L’acqua più acqua è quella priva di minerali, ossia quella piovana

 

Stesso discorso per l’acqua.

Se avete sete, fate uso di qualsiasi tipo di acqua, ricordandovi che l’acqua più acqua è quella priva di minerali, e non quella che ne ha di più.

In Europa non ci sono grandi tradizioni di acqua distillata in bottiglia, salvo che non si tratti di acqua distillata ad uso domestico-industriale (esempio classico l’acqua dei ferri da stiro).

Per il perfezionista, esiste la possibilità di raccogliere l’acqua della pioggia durante i temporali (evitando i primissimi scrosci, carichi di pulviscolo atmosferico e di sabbia del deserto, nel caso di venti africani), e di conservarla in damigiane e bottiglie.

 

 

 

L’acqua distillata in bottiglia è ottima, ma preferisco i manghi e il latte di cocco

 

In Asia invece, esiste battaglia tra le varie marche di acqua potabile distillata ed imbottigliata.

E si tratta di acqua leggera e gradevole che consumo regolarmente, nella modica quantità di una bottiglietta al giorno, quando mi trovo da quelle parti, potendo contare ampiamente su alternative migliori, tipo il mango e la noce di cocco.

Come con tutti i liquidi depositati e immobilizzati in una bottiglia, è preferibile versare più volte da un bicchiere all’altro la quota da bere, come sempre fanno saggiamente i santoni indiani, allo scopo di rimagnetizzare e revitalizzare il liquido stesso.

 

Classificazione delle migliori acque (tutte ugualmente utili e potabili nelle emergenze)

 

  • 1) Acqua biologica-distillata naturalmente (anguria, melone, cocco, pesca, agrumi, carote, uva, cachi,

      pomidoro, cetrioli, kiwi)

  • 2) Acqua distillata naturalmente (piovana, nevosa)
  • 3) Acqua di sorgente di altissima montagna
  • 4) Acqua fresca di sorgente, di qualsiasi località
  • 5) Acqua naturale imbottigliata di altamontagna
  • 6) Acqua naturale imbottigliata di qualsiasi fonte (incluso acque gassate naturali)
  • 7) Acqua di rubinetto (soggetta però ad ampie variazioni qualitative tra una località e l’altra, migliorabile con trattamenti di depurazione e di osmosi)
  • 8) Acqua di pozzo
  • 9) Acqua minerale frizzante

 

La peggiore acqua naturale e quella più ricca di minerali, ovvero l’acqua marina

 

L’acqua peggiore, a parte ovviamente le acque chimicamente o biologicamente inquinate, è l’acqua più ricca di minerali, ossia l’acqua di mare.

La peggiore acqua di mare possibile è quella dei mari chiusi, tipo il Mar Morto, dove la concentrazione salina è tale da mantenerti a galla senza nemmeno nuotare.

Ma attenzione, il bagno prolungato in acqua di mare non causa debilitazione, come succede un po’ col bagno nell’acqua di fiume e di torrente.

Come dire che l’acqua marina arreca irreparabili danni all’interno, ma fa mirabilie invece sulla pelle.

 

Malacqua e bonacqua

 

Ribadisco comunque che, in fase di emergenza (e non di consumo intensivo e regolare) tutte le acque elencate vanno bene.

La peggiore acqua in commercio, manco farlo apposta, mi dispiace per la regina mondiale dell’imbottigliamento, ma è un dato di fatto, riscontrabile e provabile, è quella prodotta dalla Coca-Cola Corporation.

Ironia della sorte, viene commercializzata in Asia col nome italiano di Bonaqua, senza la cq.

Perché la peggiore?

 

L’irresistibile tendenza alla cocalizzazione ed alla caffeinizzazione

 

Perché, indipendentemente dalla provenienza e dalla qualità originaria dell’acqua, il gigante di Atlanta ha pensato bene di lavorarla industrialmente.

Solo che, anziché trattarla nella sola direzione giusta, che è quella della distillazione e della eliminazione dei minerali inorganici, ha pensato bene di arricchirla e di integrarla con altri minerali ancora.

Strano che non ci abbiano aggiunto ancora delle vitamine, dello zucchero e della caffeina, in ossequio alla loro irresistibile tendenza verso la sofisticazione, la cocalizzazione, la caffeinizzazione.

Ma non è detto, c’è sempre tempo per evolversi e ulteriormente migliorare.

 

Le vicende alterne e disgraziate degli esordi

 

Il geniale chimico-farmaceutico John Pemberton, che nel 1886 presentò all’America il suo magico ritrovato, lo aveva concepito correttamente come sciroppo farmaceutico contro la digestione pesante e il mal di testa, malanni che lo colpivano personalmente e ai quali aveva pertanto cercato rimedio.

Tant’è che la vendeva in piccoli flaconi, con l’istruzione di allungare il prodotto con della gazzosa.

Ma il business non funzionava.

Gli subentrò allora il medico Asa Candler comprandogli per 1200 dollari il marchio Coca-Cola e l’intera attrezzatura, dando pure in cauzione 500 dollari per il funerale di Pemberton.

Anche per lui le cose non andarono al meglio.

 

Il trionfo mondiale degli imbottigliatori

 

Alla fine furono gli imbottigliatori Joseph Biedenharn, Benjamin Thomas e Joseph Whitehead, a ottenere quasi gratuitamente la concessione di Candler per lo sfruttamento del marchio, e a diventare in pratica i padroni assoluti ed esclusivi della Coca-Cola, valida bevanda farmaceutica d’emergenza, trasformata impropriamente e con poco senso di responsabilità salutistica, ma grande arguzia commerciale, in bevanda rinfrescante e ricreativa per grandi e piccini, causatrice di una lunga serie di conseguenze negative per la salute umana nell’intero pianeta Terra.

 

Valdo Vaccaro – Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)

                         – Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)