L’ ANIMALISMO COME BANCO DI PROVA DELL’UOMO E DELLA SOCIETA’ UMANA

 

1)  PER UNA ETICA ESSENZIALMENTE E DICHIARATAMENTE ANIMALISTA

L’etica viene definita come ricerca del bene, ovvero come dottrina filosofica intorno al buon comportamento dell’uomo di fronte alle persone, alla natura, agli animali, alle cose.
Un’etica che non includesse il modo di essere dell’uomo e della società nei riguardi degli esseri viventi diversi che circondano l’uomo, sarebbe chiaramente una filosofia monca, parziale, improponibile.
Anche perché lo stesso creatore del mondo, in tutti i suoi messaggi tramandati o trasmessi telepaticamente e spiritualmente, annette una importanza fondamentale al buon rapporto tra l’uomo e i suoi compagni di viaggio e di ventura.
Dire dunque che per etica si intende in primo luogo un’etica essenzialmente e principalmente animalista, non è una forzatura logica da gente ultrasensibile amante degli animali, ma un
chiarimento razionale e giustificato, una deduzione terminologica appropriata e coerente.
La dimostrazione pratica che etica  tout court ed etica animalista sono quasi sinonimi, la possiamo cogliere nella realtà dei fatti quotidiani.
Un vegetariano, una società vegetariana e dunque essenzialmente animalista, dimostrano col pensiero e coi fatti di rispettare non solo gli animali, ma anche tutto il resto, rifuggendo per principio da azioni violente, adoperandosi per una convivenza armoniosa e civile tra tutti gli esseri viventi, e limitando le proprie eventuali istanze critiche, pungenti e polemiche quanto si vuole, a un discorso educativo e formativo in linea con le proprie convinzioni comportamentali.
Anche perché, chi si abitua a rispettare e proteggere gli esseri indifesi da ingiustizie-violenze-sopraffazioni, a maggior ragione porta rispetto per i suoi simili, per se stesso e per la natura che lo circonda.
Qualcuno, che ama distruggere le sicurezze pacifiste dei vegetariani, dice che pure Adolf Hitler era vegetariano e animalista. Rispondiamo dicendo che l’eccezione non fa la regola e che bisogna guardare le cose in linea generale.
Tanto è che esiste una massa di persone gentili e nobili tra i mangiatori di carne e talvolta persino tra gli stessi macellai, tutte caratterizzate da un black-out psicologico e da una cortina protettiva nei riguardi di questo aspetto imbarazzante della loro vita e della loro personalità.
Concordiamo che essere vegetariani non sia di per sé garanzia assoluta ed automatica di mitezza e di generosità, ma è accertato che l’astinenza dalla carne e dal cibo-crudele aiuta l’uomo a ritrovare se stesso e a migliorare notevolmente la sua salute fisica, mentale e spirituale.
Come una rondine non fa primavera, così un singolo improbabile mostro vegetariano non brutalizza e caratterizza  automaticamente in senso negativo l’intera categoria.
Ma, tornando a Hitler, Albert Speer che gli visse accanto, nel suo libro  Inside the Third Reich, rivela che il dittatore tedesco aveva un debole per i ravioli alla carne, e soprattutto per le salsicce di maiale di cui si riforniva regolarmente presso i macellai bavaresi di Monaco. Per cui il problema non si pone.                                                                

Pertanto, nella chiacchierata che stiamo qui facendo, quando parliamo di uomo nobile e di società illuminata, intendiamo sempre nobile e illuminata in senso prettamente etico-animalista.
Facendo questo, non stravolgiamo i fatti e la logica, ma ci ripariamo piuttosto dai rischi ideologici e terminologici che si corrono invece quando si parla di uomo ideale e società ideale in un’ottica generalmente etica ed antropocentrica, dove il rapporto uomo-animale viene considerato, nel migliore dei casi, come dettaglio accessorio e insignificante.
Tanto è vero che la parola  animale, sempre contrapposta a quella di  uomo, è sinonimo di  bestia, nel linguaggio comune, e pure i derivati tipo animalesco e bestiale hanno connotazioni psicologiche e discorsive di carattere dispregiativo.

2)  DIOGENE E LA SUA LAMPADA ALLA RICERCA DELL’UOMO VERO

Diogene di Sinòpe, filosofo greco della Scuola Cinica del IV secolo AC (fondata da Antistene, discepolo di Socrate), non amava le agiatezze e le convenienze e, in coerenza con le sue idee, la sua dimora non era altro che una grossa botte rovesciata.
Aveva come ideale la mancanza di bisogni e il ritorno alla natura.
Andava in giro di giorno con una lampada accesa. A chi gli chiedeva il perché, rispondeva che non era matto ma che era alla ricerca ansiosa e quasi disperata di un uomo, ossia di un uomo vero che si elevasse dalla mediocrità.
Nella Grecia Antica, la natura doveva per forza essere un patrimonio integro e non minacciato.  Boschi lussureggianti e pieni di animali selvatici e di uccelli multicolori che regalavano mille indisturbati canti facevano da cornice alle attività umane di allora.
E nella società greca non mancavano certamente uomini dotati di tempra morale.
I suoi magnifici templi ammonivano chi entrava a conoscere se stesso.
I suoi straordinari filosofi erano tutti formati da grandi maestri del calibro di Talete e di Pitagora.
Uomini come Aristotele, Platone e Socrate, toccavano vette altissime del pensiero umano e, dettaglio di non poco conto, erano tutti rigorosamente vegetariani.
Le biblioteche del tempo straboccavano di papiri, di libri e di cultura. Non esistevano ancora regnanti bizzarri e piromani stile Nerone. Nessuno si sognava di distruggere le vestigia del passato. C’era un religioso rispetto dei padri e della eredità culturale umana in genere. Non erano ancora nati i fanatismi  religiosi sempre pronti e propensi a mandare al rogo uomini e libri.
Eppure, il che fa sorridere, c’è qualcuno, come Diogene, vegetariano pure lui, il quale, bacchettando la società greca quasi perfetta in cui vive, ambisce a un ritorno alla natura e va alla ricerca dell’uomo.
Se abitare in una botte pare davvero eccessivo, i temi del ridurre i propri bisogni all’essenziale, del ritorno alla natura e della ricerca dell’uomo vero, sono tutti più che mai attuali e urgenti ai nostri giorni, cioè 2500 anni dopo. E questo dimostra la modernità e l’attualità di Diogene.
Se venisse per incanto nella nostra società odierna, dove i bisogni sono stati ampliati all’inverosimile dal consumismo più sfrenato, dove la natura viene brutalizzata e offesa in ogni istante nel peggiore dei modi, dove l’uomo non conosce se stesso ed è diventato piuttosto un molle verme viziato, pieno di esigenze fasulle, di bisogni artificiali e fittizi, un viandante cieco e sordo nella notte, accecato dalle troppe luci e assordato dai troppi rumori, intasato dai miasmi dell’inquinamento, Diogene non potrebbe fare altro che schifarsi e fuggire precipitosamente dalla melma insopportabile nella quale ci troviamo immersi fino al collo.
Per trovare un uomo degno di tale nome, in una situazione del genere, più che una lampada accesa  di giorno, ci vorrebbe un faro da diverse migliaia di Volt.

3)  L’UOMO ALLA  PROVA DEL FUOCO DELL’ANIMALISMO

Il livello di evoluzione e di civiltà di un uomo si valuta non per i suoi titoli accademici e il suo status sociale, non per il suo conto in banca o la sua abilità lavorativa, artistica, sportiva, ma per la sua intelligenza, la sua sensibilità, per la sua nobiltà d’animo, per la sua generosità e gentilezza nei riguardi del prossimo, e in particolare dei suoi compagni di viaggio animali sottoposti a gravi forme di ingiustizie, sopraffazioni, torture, atrocità.
Come si usa fare coi metalli, dove distinguiamo i minerali rari e nobili tipo oro e platino, da quelli comuni e mediocri, così negli esseri umani possiamo immaginare un  uomo nobile,  come modello virtuale e ideale da contrapporre all’ uomo mediocre, privo di principi morali e di personalità, pronto a seguire in modo passivo e acritico quanto fa la maggioranza.
L’uomo nobile  ha ricevuto dalla natura, più o meno alla pari di tutti gli altri, un corpo fisico sano da crescere e sviluppare, e un’anima limpida e incorrotta da preservare e curare, più eventualmente qualche vantaggio o svantaggio di ordine ereditario.
Si comporta bene non per venalità e calcolo spirituale, per guadagnare qualcosa in premi e riconoscimenti divini o in avanzamenti di karma, ma per autentico spirito altruistico, per spirito di simpatia e di immedesimazione con l’animale perseguitato e destinato il più delle volte a prossima atroce fine.
Ma, a differenza dell’uomo qualunque, del mediocre, del colonizzato, egli dimostra di conoscere meglio il proprio corpo e la propria anima, sa come preservarli e alimentarli con cibi giusti e con valori morali e spirituali adeguati alla propria personalità.
Egli è uno che obbedisce alla legge-base del  Conosci te stesso, è molto selettivo nei riguardi del carburante con cui nutrire il proprio corpo di fruttariano-vegetariano, ed è pure impegnato ad esplorare i risvolti della propria personalità spirituale e della propria anima.
Egli ha un ottimo rapporto non conflittuale con se stesso e con gli altri, con la natura e il Creatore.
La sua nobiltà non consiste nell’essere un improbabile uomo perfetto, immacolato, inarrivabile, ma sulla capacità di tendere, di avvicinarsi, di ambire al cambiamento in meglio, al perfezionamento.
E’ un uomo che applica costantemente il  saggio principio del  Mens sana in corpore sano, e che evita invece di trasformarsi in  Homo homini lupus  o sopraffatore del prossimo e, a maggior ragione, in  Homo animalis lupus  o sopraffatore di animali, visto che gli animali non sono protetti e tutelati da nessuno, per cui è proprio lì che si gioca la partita morale dell’uomo, è proprio lì la prova del fuoco della sua generosità e della sua armonizzazione col creato.
Rispettare l’uomo è cosa troppo scontata, ovvia, legalizzata, e persino utile e conveniente il più delle volte.
Rispettare l’animale è invece cosa assai diversa, ed ha una valenza e un significato ben maggiori.
Questo uomo, che definiamo virtuale, ideale, vicino alla perfezione, non dovrebbe essere una rarità e una eccezione, ma dovrebbe semmai essere la regola. Dopotutto non si tratta altro che di conoscere se stesso e di essere se stesso, e di utilizzare al meglio tutte le ricche e speciali dotazioni ed antenne che il suo sommo creatore gli ha generosamente concesso.
Ma succede invece che la colpevole pigrizia, l’abitudine incancrenita a trasgredire alle regole fondamentali, fanno sì che si forma un gap e una frattura tra quello che l’uomo è e quello che egli dovrebbe essere.

 

 

4)  IL LIVELLO DI EVOLUZIONE E DI CIVILTA’ DI UN PAESE E DI UNA NAZIONE

Lo stesso tipo di ragionamento appena fatto per il singolo individuo, può essere esteso a un gruppo di persone, a una comunità, a un intero paese.
Il livello di evoluzione e civiltà di uno stato non si valuta per la sua ricchezza, la sua industriosità e la sua tecnologia, ma per come vengono trattate le creature più deboli e indifese.
Questa frase, di un grande statista indiano della statura di Gandhi, merita di essere incorniciata, in quanto fotografa esattamente il problema della responsabilità civile e morale delle nazioni.
Chiaro che, sulla scorta di questo criterio di valutazione, possiamo soppesare e giudicare tutte le civiltà del passato ed anche quelle di oggi, tutti gli stati e tutte le nazioni.
L’Italia ad esempio, uscita da mille anni di Medioevo, sottoposta a predominio assoluto di quel tipo di Chiesa amante dei roghi che conosciamo, non è riuscita a emanciparsi dalle sue magagne nonostante il suo grande recupero rinascimentale del Cinquecento, e nonostante le grandi tradizioni culturali della italica Magna Grecia e di Roma antica, nonostante gli straordinari insegnamenti e buoni esempi di San Francesco, di Girolamo Savonarola, e di decine e decine di scrittori e poeti che vanno da Dante Alighieri, a Giacomo Leopardi e Giosuè Carducci, sempre pronti a spezzare una lancia in favore del  Passero solitario, del  Pio bove,  e degli amici animali in genere.
La Chiesa, da sempre antropocentrica e antianimalista, è rimasta saldamente al suo posto e, prima l’Inquisizione e poi l’Indice, hanno continuato a produrre i loro guasti anche nei secoli scorsi, con effetti deleteri propagatisi fino ai giorni nostri.
Se osserviamo come vengono trattati gli animali, o se andiamo più semplicemente a fare la conta delle case di tortura, delle stalle-prigione e dei macelli che costellano il nostro territorio e le nostre campagne, o se andiamo a verificare che tipi di menù prevalgono nei vari ristoranti, il nostro paese non rientra di certo nella categoria di terra evoluta e civile, e ancor meno in quella di paese bello e gentile che le viene spesso e a torto attribuita.
Gli altri paesi europei ai confini dell’Italia non stanno poi in situazioni molto diverse.
E gli Stati Uniti d’America, con tutta le loro Statua della Libertà e con tutta la loro prosopopea sui diritti civili e sul loro preteso ruolo di paese-guida, di paese-avanzato, di paese ad alto tasso culturale, di paese-faro dell’umanità, restano piuttosto un paese leader autentico nei grandi recinti e negli oltre 10.000 immensi macelli, dove bovini e bisonti non devono nemmeno aspettare il turno, in quanto vengono abbattuti e scuoiati in serie.
Parlando di influenze politiche e di condizionamenti socio-culturali, la Terra ha già subito una pesante globalizzazione nei decenni scorsi, quando ancora non si usava il termine globalizzare.
E ciò è successo esattamente nel settore agro-alimentare, con la diffusione della cultura della carne e di tutte le falsità , i trucchi, le menzogne annesse e connesse sulle proteine nobili, sugli aminoacidi essenziali, sulla sopravalutata B12, sul ferro-eme di origine animale contrabbandato per superiore a quello non-eme di origine vegetale, sugli Omega-3 di origine animale, carichi di prostaglandine negative e difettose per l’uomo (ignorando del tutto le prostaglandine positive degli Omega-3 vegetali prive di controindicazioni), con tutte le gravi sottovalutazioni dell’acido ascorbico o vitamina C e  le omissioni e le tacitazioni sulla B9 (o acido folico, perfetto sostituto della B12). E questa ventata di follia pro-carnea a favore di diete alto-proteiche acidificanti, demineralizzanti e cancerogene, è arrivata in gran parte dalla  chiesa  alimentare-farmaceutica di Atlanta, città che sta in Georgia-Usa.
L’Asia potrebbe ancora essere considerato un continente felice e parzialmente incontaminato, visto che Buddhismo, Induismo, religioni Tibetane dei Dalai Lama, non hanno affatto brutalizzato e manomesso l’ anthropos  nei secoli come è avvenuto dalle nostre parti, e hanno piuttosto saputo dare eccellenti eredità culturali e validissimi punti di riferimento ed orientamento alle popolazioni odierne.
                                                               

Tutto sta a vedere se le rapide modernizzazioni della Cina e della stessa India, autentici giganti dell’Asia, sapranno procedere nelle direzioni giuste, senza scimmiottare acriticamente i percorsi spesso aberranti della civiltà occidentale.

5)  LA SCELTA DEL FRUTTO E IL DISPREZZO PER LA CARNE NELLA STORIA UMANA

Nella fertile Bit-Adini degli Assiri, una valle lussureggiante di fiori e di alberi carichi di frutti multicolori, situata tra la Siria e l’Iraq di oggi, la donna Hawah e l’uomo Adam colgono bacche rosse e strappano erbe dal bordo del fiume, e masticano semi croccanti.
Sono l’immagine vivente della felicità e della spensieratezza.
Il mito del Paradiso Terrestre, coi suoi primi ospiti vegetariani, è comune a tutta la cultura euro-asiatica, da Esìodo alle leggende del mondo mesopotamico e sumerico.
Il pomo, i semi e le erbe spontanee erano il solo cibo degli uomini.
Quello che la natura creava con l’aiuto del sole e delle piogge bastava ad appagarli.
Si rifocillavano spesso con ghiande e rossi corbezzoli.
I primi esseri umani erano frugali, cioè instancabili mangiatori di  fruges (frutti, semi, radici ed erbe offerti dalla terra).
Egiziani, greci, etruschi, cartaginesi, latini, romani, slavi, e gli altri popoli del Mediterraneo, vissero per secoli e millenni di una dieta essenzialmente vegetariana.
Tutti i filosofi greci difendevano il vegetarianismo a spada tratta.
I buoi erano sacri anche qui in Europa, proprio come in quel grande paese che è l’India.
I buoi servivano come trattori. Una legge delle XII Tavole comminava la pena di morte o l’esilio perpetuo a chi uccideva un bovino o un cavallo.
Catone, Plinio, Orazio, Seneca, Cicerone, mangiavano solo frutta, ortaggi, erbe di campo, oltre che vari cereali abbrustoliti.
Il mestiere del macellaio era disprezzatissimo sia a Roma che in Oriente, in quanto era considerato una occupazione indegna ed una fonte di miseria morale e materiale per l’uomo.
Anche altre categorie stavano sulla lista nera, tipo i cacciatori, i pescatori, i commercianti di animali da macello.
Praticata per istinto, saggezza, o per necessità dai contadini di allora, l’alimentazione vegetariana viene teorizzata ed esaltata dagli uomini di cultura.
Pitagora, e siamo nel VI secolo AC, pratica il vegetarianismo più stretto e punta a raggiungere uno stato di purezza e di ascetismo. Celebre la sua scuola di Crotone in Magnagrecia.
Nella Repubblica di Platone, Socrate illustra a Glaucone l’alimentazione ideale per gli uomini: focacce di frumento e orzo, olive e formaggio di capra, cipolle, legumi, pasticcini di fichi, bacche di mirto e ghiande arrostite, un po’ di vino.
Gli atleti e i maratoneti di Olympia ottengono risultati prestigiosi mediante diete vegetariane, e prima delle gare fanno uso intenso di uva passa, fichi secchi e datteri.
Il filosofo Porfirio, allievo di Plotino, scrive un pamphlet che circola a Roma e che ha per eloquente titolo  De abstinentia ab esu animalium.
Lo storico Plutarco, nel I° secolo DC, lancia una appassionata arringa in favore del vegetarianismo.
Leonardo, 1500 anni dopo, ammonisce gli uomini a comportarsi non da criminali ma da veri uomini, e a rispettare i poveri animali indifesi.
Stessa cosa per Jean-Jacques Rousseau, Francois Voltaire e gli Illuministi.

 

In quale parte del mondo la carne è necessaria e conveniente per la sopravvivenza dell’uomo?
In nessun luogo. Questa importante risposta ci viene offerta nel 700 dall’ inglese Adam Smith, autore del celebre  La ricchezza delle Nazioni, testo base di ogni economista.
Benjamin Franklin, politico, scienziato e filantropo americano, definisce delitto ingiustificato il mangiare carne.
P.B. Shelley, poeta, scrive che  Si dovrebbe imporre una prova decisiva ai sostenitori delle diete carnivore: far loro strappare coi denti, come dice Plutarco, le carni di un agnello vivo, fargli affondare la testa negli organi vitali del povero animale, fargliene bere il sangue.
Per A. Shopenhauer, filosofo germanico,  L’uomo che uccide o fa uccidere un animale, che è il suo parente più prossimo, sopprime in se stesso non solo l’amore e la compassione per le altre creature viventi, ma anche la sua più alta idealità, e trasgredendo questi sentimenti egli diventa un essere perverso e crudele.
Il poeta e drammaturgo William Shakespeare, R. Wagner, musicista, G.B. Shaw, commediografo, A. Schweitzer, medico filantropo, trovano il tempo per auspicare e diffondere il vegetarianismo.
Lo stesso Gesù, nella Bibbia dei Cristiani, ammonisce l’uomo: Guarda che ti ho dato ogni erba col suo seme e ogni albero col suo frutto, questo sarà il tuo cibo.
E ai sacerdoti aggiunge: Quando voi alzate le mani io distolgo gli occhi, perché le vostre mani sono sporche di sangue.
Nel Vangelo II di S. Giovanni, tramandato dagli Esseni e dalla Chiesa Cristiana d’Oriente, emerge l’inedita e sconvolgente figura di un Gesù grande igienista e naturista, terapeuta e dietologo, un profeta che insegna assoluta non violenza verso gli animali, e vieta ai suoi discepoli ogni cibo carneo:
Chi uccide uomini e bestie uccide se stesso. Chi mangia la carne degli animali mangia un corpo di morte. Se trasgredirete, vi chiederò conto di ogni animale ucciso.
Esiste dunque una autentica unanimità di opinioni, di richieste, di raccomandazioni, di ammonimenti. Messaggi di grandi uomini e di autorità divine diffusi nell’intero arco della storia umana.
Nessun uomo al mondo e nessuna società civile al mondo possono accampare delle scusanti o delle eccezioni.
Stiamo tutti sgarrando in modo gravissimo. Stiamo tutti spendendo nel peggiore dei modi il breve tempo che ci viene concesso in questa vita terrena per migliorare le nostre condizioni spirituali e il nostro karma.

6)  DIO ALLA RICERCA DELL’ UOMO

Se la crisi di nobiltà nell’uomo è fonte di preoccupazione e di affanni per l’uomo stesso (lo abbiamo visto con Diogene), figurarsi se questo problema poteva mai sfuggire a Domineddio.
In realtà, chi si è dato più da fare alla formazione dell’uomo e del popolo eletto o del popolo-guida, è stato proprio Lui, il Grande Costruttore.
Stando alle conoscenze storiche e alla tradizione religiosa che tutti abbiamo e  che più o meno condividiamo, il Creatore del mondo è intervenuto sulle vicende umane in modo diretto e drammatico almeno un paio di volte:
1)  La cacciata dell’uomo dal Paradiso Terrestre
2)  Il Diluvio Universale
In entrambi i casi si trattò di lezioni punitive susseguenti a disobbedienze e carenze gravi manifestate dalla razza umana individualmente o socialmente contro il suo stesso inventore.
Ipotizzare un difetto originario di fabbricazione della creatura umana che si ritorce sul Fabbricante, sarebbe cosa assurda, inconcepibile, folle, oltre che irriverente e blasfema.

A un Dio Onnipotente e capace di costruire l’Universo, fare un uomo perfetto e privi di difetti sarebbe stato un giochino da niente.
Il problema è che a Lui non interessa affatto un uomo-robot buono e obbediente che fa le cose in modo automatico e scontato. La sua idea è quella di un uomo capace di intendere e di volere, libero di emanciparsi e perfezionarsi, ma anche eventualmente di trasgredire, di degenerare e dannarsi, di essere titolare di meriti e demeriti, di premi e castighi. Un uomo dotato di libero arbitrio, di piena indipendenza e autonomia decisionale.
L’imprevedibilità, la diversità, la buona azione ed il peccato stesso sono dopotutto il motore della vita.
Solo che, alla resa dei conti, questo margine di imperfezione e di perfettibilità, più che essere una molla di spinta verso l’alto in sintonia con le attese del Divino, si rivela essere troppo spesso un meccanismo perverso che porta alla degenerazione e alla rovina.
La creatura uomo, per qualche motivo che ci sfugge e che non ci è dato al momento conoscere, forse per qualche dispettoso diavolo che ci mette lo zampino, dà segni di essere creatura eccellente e straordinaria, ma difetta nel contempo di umiltà e pretende di fare troppo di testa sua e di non sottoporsi alle regole. Tende ad attestarsi su posizioni di arroganza e di superbia, quasi a voler significare che a lui tutto è concesso, incluso le trasgressioni ai principi e ai comandamenti divini.
Uomo al centro del mondo, uomo libero di dominare, tiranneggiare e perseguitare il prossimo, e in particolare i compagni di viaggio più deboli e indifesi che dovrebbe invece tutelare e proteggere..
Uomo che da essere prescelto per guidare in modo attento e amorevole, diventa invece despota e cinico opportunista.
Importante rilevare come il giudizio divino, sull’uomo e la società umana, verta costantemente su un valore etico fondamentale che è l’atteggiamento dell’uomo e della società nei riguardi dell’animale.
E’ questo, come abbiamo visto, il vero banco di prova della nobiltà d’animo e del valore spirituale.

7)  LA DISOBBEDIENZA DI ADAMO ED EVA

Fin dalle origini la creatura umana dimostra di quale pasta è fatta. Ne combina infatti di grosse, come quella di avventarsi sconsideratamente sul frutto proibito.
Che si trattasse davvero di un semplice e modesto pomo è improbabile. Mangiare una povera mela, ancorché vietata, sarebbe stata cosa tutto sommato veniale, e avrebbe potuto portare a qualche castigo meno drastico. Chiaro che quel pomo raffigura e simboleggia qualcosa di molto più grave che non ci viene detto e ci sfugge, ma che possiamo immaginare.
Del  resto, gli avvenimenti della tradizione religiosa richiedono sempre di essere interpretati al di là delle righe, ed occorre farlo non a capriccio ma con la logica e il metro di valutazione che ci vengono suggeriti da tutti i messaggi che il Divino ci manda in continuazione.
Che Dio non ama chi uccide, è poco ma sicuro. Non tanto perché sta scritto nei comandamenti, ma quanto perché l’atto di uccidere configura in sé la massima disobbedienza alle norme fondamentali di  corretta convivenza tra gli esseri viventi. Esso rappresenta un atto di cattiveria, di slealtà, di sopraffazione, di non rispetto.
Togliere la vita a qualcuno che la possiede e che ha tutti i diritti di godersela, è una cosa orribile, antipatica, ingiusta, ignobile, oltre che violenta, dolorosa e angosciante. Nessuno di noi vorrebbe mai subire una carognata del genere.
Togliere la vita con violenza a un bambino, a un piccolo innocente e vulnerabile, è il massimo della vigliaccheria.

 

Gli animali poi sono tutti come dei bambini, per la loro incapacità di capire e interpretare la nostra lingua, per la loro incapacità di organizzarsi e di difendersi, per la loro impossibilità di indovinare le nostre cattive intenzioni nei loro riguardi.
Se è peccato mortale uccidere un nostro simile, che ha molti strumenti e modi diretti e indiretti di dissuasione e difesa, uccidere un animale sguarnito, che nulla può opporre alla nostra efferata violenza, è un peccato ultramortale.
Evidentemente, nel Paradiso Terrestre deve essere successo qualcosa di molto grave proprio nel senso ora accennato.
Non bastando i meravigliosi frutti a disposizione, è possibile che Adamo ed Eva abbiano deciso di sopprimere qualcuno degli animaletti che li circondavano, che gli stavano loro intorno senza alcuna paura, tipo il daino, o la gazzella, o l’antilope, al fine di cibarsene e impossessarsi magari della loro agilità.
Il pomo proibito non poteva assolutamente essere un pomo.
Se Dio avesse davvero voluto vietare alla prima coppia di alimentarsi con un determinato frutto, gli sarebbe bastato infatti inventarlo non edule, non dolce, non digeribile, o magari velenoso.
La mela proibita non poteva nemmeno essere, come tanti pensano, il peccato lussurioso e libidinoso.
Questa idea è il chiodo fisso dell’interpretazione cattolica, basata come al solito sulla sessuofobia e sul bigottismo.
Che altro potevano fare Adamo ed Eva se non utilizzare gli attributi che Dio aveva dato loro?
Un Dio che impedisse loro di congiungersi sarebbe incoerente, sadico, bacchettone, e questo non possiamo nemmeno pensarlo.
Escludendo dunque l’ipotesi del frutto proibito per sfizio, e quella del sesso vietato per pudicizia e bigottismo, non resta che pensare a un peccato di sopraffazione verso qualche animaletto del parco, dove di sicuro, oltre al serpente biblico c’erano tutti gli animali della fauna terrestre
Altre occasioni di peccato, in quel mondo così semplice, essenziale, bucolico, non ve ne potevano essere.

8)   LE TRASGRESSIONI DI GRUPPO E IL DILUVIO UNIVERSALE

Il secondo intervento eclatante del Creatore corrisponde al Diluvio Universale.
Se nel Paradiso Terrestre si trova di fronte alla disobbedienza individuale dei suoi primi due esseri umani, qui le cose si sono evidentemente complicate. Qui si tratta di un peccato di massa, di una trasgressione sistematica a livello sociale.
E, per indurre Dio a perdere del tutto la pazienza e ad annegare l’intera umanità del tempo, chissà quante e quali scelleratezze hanno messo assieme quei nostri antenati.
Dio aveva dato precisi ammonimenti biblici. Aveva dovuto assistere suo malgrado anche alla sciagurata malvagità di Caino, e si  trova ora di fronte a un popolo corrotto, perverso e irrecuperabile, a un popolo che continua a disobbedire e a non ascoltare i suoi richiami, a un popolo che banchetta disinvoltamente con le carni di animali uccisi.
Per fortuna che qualcuno si è mantenuto giusto e obbediente, e ha preservato un barlume di saggezza.
Noè, patriarca ebreo e figlio di Lamech, è uno che va controcorrente e che tratta gli altri esseri con la massima cura. Lo dimostra anche al momento cruciale del salvataggio dalle acque. Anziché pensare soltanto a se stesso, non dimentica di portare con sé moglie, figli e nuore, ma anche tutte le coppie di animali da salvare, obbedendo anche all’ispirazione divina.
Noè vive fino a 950 anni con i figli Sem, Cam e Iafeth da cui discendono le tre razze semitica, camitica e iafethica.
                                                                  

Per la cronaca, Sem, primogenito, è progenitore di Abramo, e capostipite degli Ebrei e degli Arabi. A questo ceppo etnico si devono alcune delle maggiori civiltà del mondo antico (la Assiro-babilonese, la Fenicia, l’Ebraica) e del mondo medievale (l’Araba).
Cam, secondogenito, pur maledetto dal padre perché ha osato insultarlo, è progenitore dei Nubiani, degli Etiopi, dei Berberi, dei Copti (egizi).
Jafeth, terzogenito, ha sette figli che vanno a popolare l’Europa e l’Asia, dando origine alle razze di pelle chiara.

9)  LA COSIDDETTA MORTE DI DIO, OVVERO IL CREATORE CHE NON INTERVIENE

Sono trascorse diverse migliaia di anni da allora,  e pare che Dio si sia assentato da noi, nel senso che non troviamo altri suoi interventi clamorosi come quelli appena citati.
Come dargli torto?
Ci ha nominati tutti, indipendentemente dal nostro grado di dignità, figli suoi. Ci ha forniti tutti di strumenti elettronici sofisticati e perfetti tipo radio trasmittenti-riceventi e antenne di collegamento spirituale con Lui. Ci ha dato un’anima in grado di valutare e giudicare tutte le nostre azioni già in modo autonomo. Ci ha inviato gente magnifica e Figli suoi prediletti, tipo Pitagora e Gesù Cristo, a portare la buona novella e a dare il loro buon esempio.
Ma i prelati e i malvagi del tempo, anziché ascoltarne il messaggio e venerarli, hanno finito per eliminare barbaramente il primo e crocifiggere vergognosamente il secondo.
Cosa pretendiamo ancora?.
Sussistono ancora oggi larghe frange di umanità che evidenziano comportamenti e stili di vita da Nuovo Diluvio Universale. Verifichiamo tutti i giorni come tanti moderni Caini continuino imperterriti a macchiarsi le mani di sangue, massacrando per futili motivi i propri fratelli e gli animali innocenti che li circondano.
Per fortuna che non tutto è marcio. Esistono anche molti nuovi Noè che non vivono 950 anni e non costruiscono arche, ma  che stanno cercando in tutti i modo possibili di gettare un’ancora di salvataggio a chi si ostina a finire nelle acque infide e vorticose senza nemmeno saper nuotare.
Per i pessimisti, per i teologi della cosiddetta morte di Dio, Egli non interviene più perché starebbe meditando di abbandonare l’uomo a se stesso, visti gli eccessi di cattiveria dimostrata in questi tempi
disgraziati.
Per gli ottimisti invece, questa apparente latitanza divina viene vista come un segno di fiducia rinnovata nei riguardi di una umanità piena sì tuttora di gravi magagne, ma ciononostante in grado di recuperare e di riproporsi in futuro grazie all’azione di una minoranza di gente eletta, laboriosa, responsabilizzata, che non sta a rimirare vanitosamente i propri meriti e il proprio karma, e non si limita neppure a dare il buon esempio, ma che si dà da fare per convincere e trascinare al sicuro quelli che si trovano malauguratamente sui gradini più bassi della scala evolutiva.
Il fatto che stiamo qui a parlarci di queste cose significa già qualcosa. Sta a noi entrare attivamente in questo club virtuale di gente eletta e disponibile, portando la nostra umile ma preziosa testimonianza e la nostra azione coinvolgente, oppure restarne fuori e lavarci le mani come Ponzio Pilato.
Nessuno ci chiede di trasformarci in missionari ed eroi, in attivisti con una tessera o una etichetta distintiva, in santi e santoni, in proibizionisti e buonisti, in convertitori di masse peccatrici.
Cominciamo intanto a convertire almeno una singola persona e a conquistare un singolo cliente ottuso.
Cominciamo cioè a conquistare noi stessi alla nostra causa.
A quel punto, potremo fare un passo avanti, il più insidioso e difficile, che è quello di convincere, senza pressioni ossessive di alcun genere, le persone a noi più care, tipo le nostre compagne e i nostri figli.
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Ognuno poi ha il suo potenziale e il suo grado di impegnativa, compatibilmente con le attività lavorative essenziali alla sua sopravvivenza.
Non dobbiamo diventare preti o missionari di una nuova religione, né tanto meno fanatici e fondamentalisti. Nessuno ce lo chiede e nessuno lo pretende. E’ sufficiente che ci impegniamo tutti
a conoscere noi stessi, ad essere noi stessi, a far funzionare a pieno regime le dotazioni che già abbiamo dentro di noi, vale a dire il cervello, la mente, l’anima.
A quel punto Dio non sarà più morto. Né gli verrà la voglia di farci finire tutti come topi annegati in una fogna terrestre allagata da un nuovo diluvio universale.

10)  PROFILO ETICO-ANIMALISTICO DELLA STORIA UMANA

Le cadute rovinose dell’uomo sono sempre legate alla mancanza di rispetto alle regole superiori, alla mancanza di principi. L’uomo che trasgredisce le disposizioni fondamentali è un essere senza Dio, uno che si allontana dalla sua figura morale, dal suo disegno originario, uno che sovverte i propri valori e, al posto della coscienza e della sensibilità, va a instaurare in se stesso una sprezzante indifferenza per gli altri, per i diversi, per i minori.
Cinismo, sadismo e crudeltà mentale hanno il sopravvento su tutto il resto. La disobbedienza ai principi fondamentali dell’amore e della fratellanza universale porta a un progressivo imbarbarimento.
Stabilito che uno dei criteri-base di valutazione dell’uomo è la sua capacità di essere giusto, equilibrato, sensibile, razionale, amichevole e generoso verso il prossimo vicino e lontano, verso il simile e il dissimile, la sua capacità di essere rispettoso della natura e della divinità che lo ha creato, è possibile tracciare una curva con cui visualizzare l’andamento etico dell’uomo e della società umana nel corso dei secoli e dei millenni. Tenendo sempre presente che per etico intendiamo etico-animalistico, visto che i due concetti sono strettamente interrelati e non si possono disgiungere
Considerando sulle ascisse un livello etico da 0 a 100, dove lo zero rappresenta la massima empietà e il 100 la perfezione assoluta di una civiltà universalmente armoniosa e non violenta, indicheremo sulle ordinate i periodi storici salienti e significativi della storia umana.
La curva risultante dovrebbe esprimere gli sbalzi evolutivi, le cadute e i recuperi, le emancipazioni e le degenerazioni, l’andamento etico in generale ed etico-animalistico in particolare,  dell’essere umano come individuo e come gruppo sociale nel corso della storia.   

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        Cacciata             Egitto              Roma            Rinascimento                     Guerre    Dopoguerra
Eden              Diluvio          Grecia e          MedioEvo                Rivoluzione    Mondiali                  Jihad
                                            Magnagrecia                                    Industriale                                  Islamica
                                                                   

10a)  L’ALTA QUALITA’ DELL’UOMO NEL PERIODO CLASSICO

Se vogliamo farci una idea concreta dell’uomo che piace di più a Dio, non ci sono dubbi che l’uomo dell’era faraonica e soprattutto quello dell’era classica della Grecia e della Magna Grecia, sono i modelli che più si avvicinano ai gusti e alle regole del Creatore.
Si trattava di un uomo ispirato, costantemente vicino alle sue divinità e ai suoi principi. All’ingresso dei suoi templi stava scritto sulla pietra quel  CONOSCI TE STESSO che la dice lunga su quali erano le priorità culturali e filosofiche del tempo. Un  Conosci te stesso  che doveva piacere immensamente a Dio, da sempre compiaciuto che la sua creatura si evolva e si emancipi facendo pieno uso dei lumi della ragione e del sentimento, strumenti preziosi che Egli stesso gli ha donato fin dalle origini.
L’uomo classico è un uomo sano e forte, ma anche saggio e dotato di una spiccata reverenza verso la divinità, di un profondo senso di responsabilità, di un grande amore per il ragionamento, la filosofia, l’etica, la bellezza e la perfezione delle forme, la matematica. Un uomo che è dotato di timor di Dio, ma che fa pieno uso delle sue facoltà intellettuali e spirituali.

10b)  L’UOMO CONCRETO DELLA CIVILTA’ ROMANA

Con la civiltà romana, caratterizzata principalmente da attivismo e concretezza, ma anche da principi, regole e leggi umane non prive di saggezza, le cose non vanno malissimo, anche perché i legami con la civiltà greca erano tuttora vivi e sentiti.
Diciamo pure che al Creatore potrebbe in un certo senso non essere del tutto dispiaciuta l’umanità di quel tempo.
D’accordo che una certa spiritualità, una certa capacità di astrazione, di pensiero filosofico, di autentico spirito religioso, se ne erano andate a spese della forza militare, dell’amore per la espansione e la conquista, delle inevitabili mollezze e corruzioni della classe agiata vincente della Caput Mundi.
D’accordo che il Colosseo non era la statua di Cheope e non era nemmeno il Partenone di Atene, e che non portava la scritta  Conosci te stesso, e che vi si giocavano atroci spettacoli di sofferenza e di morte.
D’accordo che i vari Cicerone, Seneca, Orazio, Ovidio, per grandi che fossero non erano paragonabili a Pitagora, Aristotele, Platone e Socrate.
D’accordo che a Roma non c’era un Diogene che andasse in giro di giorno con la lampada accesa.
Ma, tutto sommato, l’uomo dell’epoca romana non era lontano anni-luce dal concetto divino di uomo nobile.
Era un uomo che aveva dei valori e che credeva in se stesso, che combatteva per i suoi ideali, per un allargamento della sua civiltà, e che era spesso di diverse spanne superiore, non solo militarmente, a quello che si trovava nelle terre di confine.
Senza voler offendere i popoli del Nord-Europa, basta prendere in mano la storia di quanto succedeva tra le piccole comunità marinare di quelle che sono oggi la Danimarca, la Svezia meridionale e la Scozia, dove i Vichinghi facevano a gara per secoli e secoli a distruggersi l’uno contro l’altro, con colpi di mano, vendette e contro-vendette, stragi e carneficine incredibili e a ripetizione nelle quali  i prigionieri venivano regolarmente decapitati, valendo solo la ragione della spada.
E le varie orde di barbari che invasero l’Italia a più riprese nei secoli seguenti alla caduta di Roma, non diedero certo l’idea di essere gente illuminata e apportatrice di regole diverse che non fossero quelle del saccheggio, della razzia e della scorribanda distruttrice.
Quando queste orde si ritiravano, i sopravvissuti avevano perso tutto. Le stalle erano vuote e tutti gli animali erano stati sgozzati e divorati. 

                                                                  

Non per niente il sinistro termine Lanzichenecchi fa tuttora rabbrividire. Ma pure gli islamici non scherzavano. Mamma li turchi!  era una comune espressione angosciata delle genti del Nord-Est e della Repubblica Veneta sottoposte per decenni e secoli alla concreta minaccia di invasione ottomana.

10c)  LA CADUTA DI ROMA E MILLE ANNI DI MEDIOEVO. QUANDO CADE L’UOMO CADONO ANCHE LE CONDIZIONI DEGLI ANIMALI

Come cadde Roma, il mondo europeo di allora precipitò in caduta libera verticale, e conobbe mille anni di miseria, oscurità, piccolezza mentale. Qualcuno tende a rivalutare il periodo medioevale, anche perché non tutto il male finisce per nuocere. Ma quelli furono mille anni di superstizioni, di scelleratezze, di sopraffazioni, di strapotere religioso, di inquisizioni e roghi, di streghe e indiavolati, di maledizioni ed esorcismi, di malattie e miserie, di razzie e invasioni barbariche.
E, quando cadono le condizioni dell’uomo, cadono anche quelle degli animali che gli ruotano intorno. Quando cade il rispetto per l’uomo, cade ancora di più quello per l’animale indifeso che è l’anello più debole della catena.
Perché prostrazione e disperazione facessero posto a speranza e rinascita si dovette attendere il Cinquecento, l’Umanesimo, il Rinascimento.

10d)  UMANESIMO E RINASCIMENTO: LA RISALITA DELL’UMANITA’

E, quando l’uomo nuovo e l’uomo finalmente risorto dalla lunga notte buia medievale, cerca degli agganci e dei punti di riferimento e di ispirazione nel suo passato, va immancabilmente a pescare nel fertile e fecondo bacino umanistico della Grecia e della Magna Grecia.
E questa magica operazione di riaggancio porta infatti un ritorno dell’umanità ai picchi massimi.
Grazie a Leonardo, Raffaello, Giotto, Michelangelo, e tanti altri nuovi astri del firmamento umano, scientifico e artistico dell’epoca, la vita torna a pulsare, si riprende a pensare e ragionare in positivo, a porre le basi per un nuovo periodo di lungimiranza e di sviluppo, che culminerà qualche secolo più avanti con la Rivoluzione Industriale e le varie scoperte e invenzioni di cui l’uomo di oggi può ampiamente beneficiare.
E’ un vero peccato che i mezzi e gli strumenti della tecnologia vengano usati dall’uomo in modo totalmente egoistico, e non portino vantaggi e miglioramenti agli animali.
I mezzi motorizzati, camion e treni, non servono certo per portare gli animali a spasso o in vacanza sui prati, ma per condurli regolarmente al macello, mentre i progressi del design e delle tecniche costruttive non servono certo per migliorare i giacigli o le mangiatoie o i cibi, ma solo per rendere le stalle più razionali e moderne nel senso di risparmio di spazi a spese del movimento delle bestiole, e del loro maggiore sfruttamento e resa latte e resa carne, nel senso di una tortura spinta ai massimi livelli.

10e)  LA RIVOLUZIONE FRANCESE E LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE,  LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E LE DUE GUERRE MONDIALI.

Siderurgia, meccanica, motoristica, elettricità, elettronica, informatica, telefonia, radio-telecomunicazioni, aeronautica e tutto il resto, trovano tutte come base comune di partenza la grande rivoluzione del pensiero e delle attitudini umane del magico periodo rinascimentale.
Oltre alla Rivoluzione Industriale, ci furono anche la Rivoluzione Francese e quella Sovietica, che portarono ristrutturazioni politiche e sociali, ma anche tante violenze, tante sofferenze atroci e tanti

                                                                     

lutti. Ci furono pure due Guerre Mondiali, lo Stalinismo e il Nazismo, tutte cose da cui ci stiamo tuttora leccando le ferite.
Gli animali sono rimasti del tutto fuori dai vantaggi della tecnologia, come abbiamo appena visto, ma non fuori dai tormenti aggiuntivi dei conflitti. Il terrore dei bombardamenti li hanno vissuti pure loro.
Asini, muli, cavalli sono stati poi impiegati anche nei campi di battaglia. E, nei momenti di penuria e carenza, come ben sappiamo, sono sempre i primi a dover soccombere e cedere le loro carni alle popolazioni e agli eserciti affamati.

10f)  DALLA GUERRA FREDDA AL TERRORISMO ISLAMICO DEI NOSTRI GIORNI

E, in questi ultimissimi anni, dopo che decenni di guerra fredda tra Occidente liberale e Oriente Sovietico-Maoista si erano conclusi in modo ottimale e pacifico con il disinnesco generale e la sconfitta dell’opzione comunista, stiamo vivendo una nuova era di tensioni e violenze e terrorismo di marca islamica che mai ci saremmo aspettati, e che stanno minando di nuovo la pacifica e serena convivenza.
Di nuovo Mamma li Turchi!  Non più come invasori ma, assai peggio, come terroristi e come combattenti della Jihad Islamica, o come kamikaze votati a sventrare autobus e a creare panico e lutti, a coinvolgere casualmente altra gente nelle loro scelte di morte, nelle loro scelte codarde e criminali contrabbandate per coraggiose ed eroiche.
Gli animali, potendo, parteggerebbero sicuramente contro ogni tipo di violenza, visto che essa è del tutto estranea alla loro mente e alla loro natura. Nel caso di dispute epocali tra una civiltà e l’altra, tra una ideologia e l’altra, sarebbero costretti comunque a virtuali posizioni di equidistanza, visto che nessuna delle parti in conflitto è portatrice di politiche a loro favorevoli.

11)  IL PREDOMINIO MONDIALE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA.
UN TENTATIVO CONTINUO DI GLOBALIZZAZIONE TRA LUCI E OMBRE.

Il predominio di un nuovo paese-guida validissimo e apprezzabile quale gli Stati Uniti, ancorché assurto a improbabile faro di civiltà, ha portato a uno scontro epocale contro pericolose e agguerrite frange del fondamentalismo maomettano, nonché a contrasti insanabili contro entità statali filoislamiche tipo Iraq e Iran.
E c’è solo da sperare che possiamo saltar fuori da questi nuovi nodi politici nel modo migliore possibile, anche se i pessimisti del due senza il tre parlano già di una possibile Terza Guerra Mondiale.
La voglia di americanizzare il mondo, e anche beninteso di globalizzarlo e unificarlo, e di renderlo unico grande mercato omogeneo e razionale, sta creando non pochi disagi.
La globalizzazione in sé non è qualcosa di negativo e sconveniente, a patto che chi globalizza  abbia i giusti attributi, usi le giuste maniere, sia ispirato da validi principi.
Sotto il punto di vista politico, la prevalenza mondiale di un grande paese moderno, libero e democratico, non deve essere vista in senso ipercritico.
Il dramma è che i valori di liberà e democrazia esaltati dalla bandiera a stelle e strisce, vengono smaccatamente sfruttati dai poteri industriali egemonici che pure albergano nella realtà americana.
In America ci sono i Mormoni, ci sono gli Igienisti Naturali, ci sono gli Ehretisti, ci sono i Medici Responsabili, e tanti altri gruppi culturali e religiosi di grande valore.
Ma il potere vero e reale resta nelle salde mani di determinati gruppi e di determinati centri di potere assolutistici le cui motivazioni vertono esclusivamente sul dio denaro.

 

Il denaro è un mezzo economico. Non è necessariamente un male. Simpatizziamo semmai con la ormai celebre arringa del presidente del PC cinese Deng Hsiao-Ping contro la vecchia guardia di Pekino. Getting rich is glorious.
Sempre a patto che le accumulazioni di denaro siano usate poi in modo costruttivo e responsabile.
Questo purtroppo non sempre avviene.
Il fatto che una gran fetta del capitalismo americano sia nelle mani abili e capienti degli Ebrei, non fa che aggravare il problema nei paesi che vedono lo stato di Israele e il Sionismo col fumo negli occhi.
La capitale mondiale degli alimenti e delle bibite, degli integratori e dei farmaci, dei fast-food e della sanità (vedi Fda, Who, e così via) è, come ben sappiamo, Atlanta.
E pure la capitale delle tabelle alimentari, spesso corrotte e fuorvianti, e la capitale delle infezioni mondiali inventate di sanapianta, come l’Aids, il Morbo del Legionario e la Sars, è e rimane ancora Atlanta.
Voler globalizzare il mondo a suon di patatine, Coke e Pepsi, Seven-Up e Fanta, di gomme del Ponte e vitamine sintetiche, di farmaci della gigantesca e tentacolare Pfizer e di messaggi e disposizioni terroristiche antivirali, a suon di Mac Donalds e Kentucky Fried Chiken, non porta evidentemente ad accoglienze entusiastiche sempre e dovunque.
Le grandi speculazioni selvagge di George Soros, ebreo pure lui, grande sostenitore ed elettore dei Clinton, e autore personale e nefasto della crisi valutaria thailandese dell’estate 1996 con cui mise in ginocchio le maggiori economie dell’Asia (Thailandia, Indonesia, Singapore, Malaysia, Korea e Giappone) a fini meramente macro-speculativi, compromettendo le fiorenti relazioni di interscambio commerciale tra Asia ed Europa, non sono cose che si dimenticano facilmente.
Visto che tali economie avevano una funzione trainante a livello mondiale, la crisi asiatica si propagò con effetto domino su tutto il pianeta, mandando in tilt pure l’economia argentina e quelle del Sud-America, e causando gravi danni e pesanti ritardi al processo di integrazione dell’Europa.
Le artificiose sottovalutazioni del biglietto verde, responsabili di un abbassamento generale di valore delle monete asiatiche e mediorientali legate al dollaro stesso, e causa di una crisi economica e di una flessione generalizzata del tenore di vita di un intero continente asiatico che stenta tuttora a riprendersi, non sono cose di poco conto, nel giudizio delle popolazioni e degli statisti nei riguardi della globalizzazione di marca americana.
Non vogliamo qui dare motivi di supporto ideologico ai movimenti no-global che circondano e contestano già troppo duramente i vertici G8 e i meeting del Fondo Monetario Internazionale, mettendo regolarmente a soqquadro strade e negozi delle città che ospitano tali eventi, ma è evidente che non tutti i torti stanno da una sola parte.
Globalizzare può andare bene, bisogna vedere quali sono i contenuti.
Potessimo dare libertà di ascolto e comprensione e movimento a tutti gli animali più perseguitati, tanto per fare un esempio illuminante, sarebbero sicuramente in fila a dimostrare pure essi contro  globalizzatori che fossero mossi dal profitto senza scrupoli, da scarsi valori etici, da nessun valore etico-animalistico.

12)  LA  TRAPPOLA DELL’ANTROPOCENTRISMO.
        IL VERO PROBLEMA STA NELL’ANTHROPOS

Quando poi si fanno grosse pianificazioni, politiche di sviluppo, valutazioni di merito economico, sanitario, medico, filosofico e religioso,  ponendo l’attenzione esclusivamente sull’essere umano, e

trascurando gli interessi e le esigenze di tutto il resto, della natura che ne resta fuori, degli animali che ne restano fuori, si finisce di cadere nella maledetta trappola dell’Antropocentrismo.
Anche l’Antropocentrismo, come la globalizzazione, potrebbe in teoria andare bene.
Dopotutto, se è vero che il Creatore ci ha dato delle doti speciali e delle responsabilità particolari rispetto alle sorti della Terra e dei suoi abitanti umani e non, significa che Egli ha già stabilito fin dalle origini una politica antropo-responsabile e antropo-centrica.
Il problema vero non sta dunque nel dover svalutare il ruolo dell’uomo, ma semmai nel doverlo riportare ai giusti livelli.
Il problema non sta nell’antropocentrismo o nell’omocentrismo,  ma nell’ anthropos  stesso, cioè nell’uomo.
Perché se l’antropocentrismo lo stabiliamo prendendo a modello uomini della caratura di Pitagora, Leonardo, San Francesco, tanto per fare degli esempi, l’antropocentrismo andrebbe benissimo sia per noi che per gli animali e la natura.
Ma nella generalità dei casi, è più facile imbattersi purtroppo in uomini e strutture burocratiche di scarsa qualità e di vedute ristrette.
Se le redini delle operazioni passano ad attori sciagurati, ad antropi che di umano hanno molto poco, cadiamo in situazione drammatiche e prive di sbocchi.

13)  LA CIVILTA’ OCCIDENTALE SORTA DALLE CENERI DI ATENE E ROMA PRESA IN OSTAGGIO E IMBAVAGLIATA CULTURALMENTE DAL CATTOLICESIMO

Il problema grosso è che la civiltà occidentale sorta dalle ceneri di Atene e di Roma, è stata usurpata, condizionata, oscurata, imbavagliata, presa in ostaggio culturalmente e spiritualmente per secoli, da poteri religiosi e politici infami e deviati dalla retta via.
Sappiamo tutti di come la bibliopirosi e l’omopirosi, di come la illibertà delle maggiori religioni mondiali, con in testa quella cattolica e quella islamica, abbiano privato l’umanità del 99 percento delle testimonianze culturali pazientemente accumulate in millenni di storia. Sappiamo tutti di come abbiano distrutto fisicamente e intellettualmente uomini e donne, di come abbiano mandato in fumo valanghe di libri preziosi, lasciando dietro di sé deserti di cenere e di immondizie, tarpando le ali e gli entusiasmi a milioni e milioni di esseri pensanti.
Come ho scritto nel mio testo  Il Ferro, l’Enzima, l’Anima, l’unico motivo per cui oggi possiamo tuttora goderci le Piramidi, il Partenone e il Colosseo, è che queste meraviglie sono costruite in un materiale ignifugo come la pietra, e sono così sfuggite alla barbara propensione religiosa a distruggere, a purificare mediante il fuoco.
Religioni che, invece di dedicarsi all’insegnamento libero e sereno di cose giuste, hanno pensato solo a consolidare il loro potere politico e i loro vantaggi concreti, usando i metodi più dispotici, dittatoriali e sanguinari.

14)  GLI ANTROPOCENTRISMI DEL CATTOLICESIMO E DELL’ISLAM

Religioni come la Cattolica e l’Islam che hanno posto al centro del mondo non l’uomo ma il prete e il muezzin, il cardinale e il sultano, il papa e il profeta. E in questi casi, più che di antropocentrismo si deve parlare di catto-antropocentrismo e di islam-antropocentrismo, cioè di antropocentrismi mirati, di parte e di comodo.

 

C’è una valanga di documenti e di scritti cristiani tutti intesi a sottolineare le grandi differenze tra uomo e animale, dove il secondo viene inteso come essere privo di dignità, di meriti e demeriti, privo addirittura di sentimenti, e privo ancor di più di anima.
E le cose non vanno affatto diversamente nell’alveo islamico.
Nel dicembre 2003, cioè nel Millennio in corso, presso la basilica di S. Giovanni in Laterano,
Mons. Angelo Scola, patriarca di Venezia, in un simposio tenuto apposta per ribadire la centralità dell’uomo nel creato, tra le varie cose ha detto che  Antropocentrismo e Cristianesimo stanno insieme o cadono insieme.
Il che fa capire quanto la Chiesa cattolica ci tenga ad essere antropocentrica, e come essa dia per scontato che l’unico antropocentrismo possibile è quello suo, basato su uomini-modello imbevuti di
fede cristiana e di Bibbia, e possibilmente carenti di senso critico, basato su uomini privi di cultura all’infuori di quella filo-ecclesiastica, privi di spirito di iniziativa e di approfondimento, ligi alle disposizioni e alle leggi della chiesa, disposti a peccare e a confessarsi cento e mille volte, a vivere in funzione della moneta di scambio del premio finale promesso dal Dio cristiano, disposti a considerare tutti gli animali come pura e semplice carne da macello.
Non occorre troppa fantasia per raffigurare i contorni dell’antropocentrismo di marca islamica, con gli obblighi delle varie preghiere quotidiane in direzione della Mecca, con la solita avversione verso infedeli, ebrei, crociati, libri e pubblicazioni non in linea con il loro Koran, con  la preferenza delle carni  halal  drenate del sangue mediante di particolari metodi di macellazione che non cambiano in alcun modo il problema della crudeltà estrema verso gli animali, incluso i poveri cammelli e dromedari che li hanno traghettati per anni attraverso le dune e i deserti.

15)  LA STRADA CHE PORTA ALLA ILLUMINAZIONE E ALLA NOBILTA’ D’ANIMO.

Alla fine di questa chiacchierata sull’uomo nobile e sulla società illuminata, troviamo che il criterio di valutazione, l’unità di misura dei valori, verte in modo costante su una caratteristica basilare che è il modo di trattare gli animali.
Chiaro che chi di fatto si comporta da plebeo o da delinquente, lo può fare in mille altri modi e con infinite sfaccettature. Uno può comportarsi da falso e ipocrita, un altro può rubare, un altro può fare l’arrampicatore sociale senza scrupoli, un altro può scegliere di imbrogliare il prossimo, un altro ancora può essere cinico e violento.
Ma, la caratteristica e la costante di ogni comportamento ignobile, rimane la cattiveria e la mancanza di rispetto.
E’ un po’ come nel caso delle malattie, dove il singolo fattore della perdita dell’equilibrio psicofisico
porta a mille modi di ammalarsi e stare male, a mille sintomi definiti in tanti modi diversi.
Nel caso della cattiveria, c’è una perdita dell’equilibrio morale che si dirama in mille rivoli di cattiva condotta. Occorre dunque fare di tutto per mantenere e preservare il nostro equilibrio spirituale, la nostra autostima, la nostra bontà.
E, il modo migliore per farlo, il banco di prova definitivo, rimane proprio quello di trattare bene  chi è diverso e chi sta sotto di noi.
Se impariamo ad accarezzare gli animali, a parlare con loro e pure ad ascoltarli, a non tradirli, a non violentarli, a non ucciderli, a non farli uccidere, avremo già percorso il 90 percento della strada che porta alla illuminazione e alla nobiltà d’animo.
Abbiamo analizzato il problema dell’etica intrecciandolo con divinità e religione. Ma nulla cambia se una persona non crede in Dio. Chi pratica l’ateismo è in grado di sostituire benissimo Dio senza offenderlo, adottando valori altrettanto validi e nobili quali i buoni principi e la buona educazione.

autore dell’articolo:
Valdo Vaccaro – 
Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)
Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)
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