LA MATERNITA‘ RUBATA
Lo sfogo di una madre. Dall’infanzia problematica alla maternità innaturale.
Carissimo Valdo, quando ho letto la tua tesina Sopravvivere all’artrite e alla micidiale accoppiata mamma-pediatra, non ho potuto sopprimere l’esigenza di rispondere.
Essa è il fedele resoconto della mia infanzia, ed anche dei tentativi di distruzione dell’infanzia di mio figlio.
Quanto sto per dirti, lo puoi prendere come testimonianza vera e reale.
Mia madre era la classica mamma piena di premure e di amore, ma totalmente ignorante su come mangiare per se stessa e su come far mangiare i suoi cari.
Da piccola, mi aveva affidata alle cure di una pediatra tedesca, tale dr Pia Westerman, che io ricordo bazzicare in casa mia almeno due o tre volte alla settimana.
Acetone, vomito, febbre ed influenze a ripetizione
Fatto sta che mi sono ritrovata ad essere una delle bambine più malate del mondo.
Ho sofferto di acetone ai massimi livelli, con crisi di vomito frequentissime.
Mi ricordo che una volta un dottore venne a farmi una iniezione cardiotonica, perché si temeva che il mio piccolo cuore non reggesse a tutte quelle violente espulsioni di acido dallo stomaco.
Avevo spesso febbre, influenze, tosse e raffreddore.
Ero delicata e mi ammalavo ad ogni spiraglio di aria.
Ragù, pancetta, tacchino, brodo di pollo, affettati e formaggi, altro che batteri e virus
Inutile dire che in casa mia si viaggiava a ragù, pancetta, petti di tacchino, brodo di pollo, affettati e formaggi, altro che batteri e virus.
Qualche rara verdura bollita ed i minestroni vegetali che faceva la mamma, aggiungendovi però il solito dado di carne per dargli della sostanza.
All’età di 7 anni venni operata di appendicectomia, che apparentemente giovò per qualche tempo alla mia salute, migliorando il mio quadro generale.
L’anemia e le bistecche al sangue, con un primo tentativo di vegetarianismo
La dr Westerman continuava a prescrivere farmaci e carne al sangue per darmi più energia e più globuli rossi.
Ero costantemente anemica, come se il mio corpicino non volesse affatto quel sangue forzato che continuavano ad imporgli.
Arrivata a 13 anni, ebbi la balzana idea di diventare vegetariana, per seguire un filone religioso orientale che mi affascinava tantissimo.
L’idillio dell’amore familiare che spinge i bambini a mangiare cadaveri
Naturalmente mia madre ed anche mio padre mi proibirono severamente di continuare a leggere pubblicazioni vegetariane, ed anche di pensare lontanamente a quelle assurde stramberie.
Continuai così a nutrirmi di cadaveri per altri 10 anni, fino a che diventai finalmente vegetariana ai miei 23 anni, sopportando sempre le torture psicologiche ed i ricatti morali della mia famiglia totalmente contraria, anzi combattivamente contraria.
La maternità in clinica privata con un mantra in testa: Non voglio il cesareo-Non voglio il cesareo
A 28 anni, dopo essermi sposata, partorii un figlio maschio, che nacque sanissimo.
Il parto avvenne in una disgraziata clinica privata, la San Pio X di Milano.
Avevo sentito parlare del fatto che in tali cliniche cercano di imporre il parto cesareo ingiustificatamente, per lucrare sui costi.
Infatti entrai in clinica con le doglie, ma continuavo a ripetere come fosse un mantra Non voglio il cesareo-Non voglio il cesareo.
Mi visitarono, mi fecero punture, non so cos’altro mi fecero.
Fatto sta che le doglie continuavano, ma il parto non avveniva.
Non ho mai capito come e perché, mi sono ritrovata con un taglio nella pancia
Ogni mezzora un’ostetrica arcigna veniva in camera a controllare il mio stato di dilatazione, verificando che era sempre troppo scarso.
Vedendo che soffrivo molto, mi continuava a proporre la panacea del cesareo, col quale avrei smesso all’istante di soffrire. Ma io tenevo duro e resistevo.
Alla fine ho ceduto, ma solo dopo 18 ore di travaglio, quando ero allo stremo delle forze.
Avevano vinto loro.
Non ho mai saputo perché mio figlio non è uscito spontaneamente dal luogo naturale, da dove tutti fin dai tempi antichi siamo nati.
Venti giorni distesa orizzontalmente senza potermi alzare
Però ero riuscita ad ottenere di farmi l’anestesia epidurale al posto di quella totale, poiché volevo vederlo nascere, essendo cioè cosciente.
Anche quella fu una scelta sbagliata.
A inizio anni 90 i medici in Italia non erano pratici di questo tipo di anestesia, e mi fecero fuoriuscire buona parte del liquido rachidiale dalla spina dorsale, procurandomi un’impossibilità totale ad alzarmi dal letto, ed anche ad alzarmi solo a sedere, per circa 20 giorni.
Fui costretta in posizione orizzontale forzata, e con un bimbo neonato da gestire.
Aleggiava nell’aria un atteggiamento contrario alle poppate dal seno
Dovetti dunque restare in ospedale, dove mi portavano il bambino solo per le poppate.
Ma notai qualcosa che non mi piaceva per niente.
Aleggiava nell’aria un atteggiamento generale fortemente contrario all’allattamento materno.
Le infermiere continuavano a dirmi che l’allattamento rovina il seno, e che in ogni caso il bambino aveva bisogno di più cibo.
Quando io non potevo farci nulla, gli piazzavano in bocca il biberon artificiale.
Solo tre volte al giorno mi veniva portato per l’allattamento naturale.
La promozione del latte in polvere
Quando finalmente sono stata dimessa dalla clinica, mi è stato regalato un pacco-dono molto ricco, contenente tantissime bustine di Humana, il latte in polvere per bambini androidi.
Chiaro invito a provarlo, a vedere come era più comodo del doloroso allattamento al seno, e come fosse migliore per l’apporto nutrizionale del bebè.
A casa, su consiglio di mia madre, feci ritornare l’ormai vecchiotta dr Westerman, per farle dare un’occhiata al pargolo.
La mitica bilancia prima e dopo ogni singola poppata
Tutto bene secondo lei, ma doveva solo mangiare di più.
Così mi dovetti procurare una bilancia pesa-bambini, pesarlo prima della poppata e dopo la poppata.
Annotare quanti grammi di latte aveva assunto ed integrare la carenza col latte in polvere.
Inutile dire che impiegavo la totalità del tempo di ogni giornata e di ogni nottata in queste pratiche.
Ben presto mi arresi anche qui, e smisi con l’allattamento al seno, optando per il più rilassante e comodo biberon.
Il vegetarianismo non punto di approdo, ma anticamera del veganismo e, poi, dell’igienismo, col corollario di far accomodare i signori medici fuori della porta
Dovevano passare ancora tanti anni perché io capissi che il vegetarianesimo non era un punto di approdo, ma solo un’anticamera del veganismo e poi dell’igienismo.
Con il corollario di far accomodare i signori medici tutti fuori della porta per sempre.
Mio figlio ora, dopo vicissitudini varie in fatto di alimentazione, è ri-approdato al vegetarianismo, ma sempre in contrasto con ogni dettame salutistico.
Ha 18 anni e, purtroppo, mi è impossibile convincerlo con le parole o con l’esempio.
Devo aspettare che maturi da sé.
Una testimonianza sul dolo della classe medica, del dolo delle cliniche, del dolo della cultura pediatrica prevalente
Prendi questo mio racconto come testimonianza del dolo della classe medica, del dolo delle cliniche, specie quelle private a pagamento, nonché del dolo della cultura che aleggia in generale intorno al bellissimo fenomeno naturale della maternità.
Il sistema è fatto e concepito per gli interessi di pochi e per la malattia di tutti.
Priscilla Brizzi, da Milano
Il tuo documento meriterebbe una laurea honoris causa in Pediatria Naturale
Ciao Priscilla,
Non ti ho neppure chiesto preventivamente il permesso di apporre la tua firma vera a questa denuncia di importanza fondamentale.
Rendere pubblico un documento del genere cambiando il nome per motivi di privacy mi sembrerebbe di rovinarlo e stuprarlo, di fargli perdere valenza.
Se esistesse in questo paese, o comunque al mondo, un’autorità sanitaria seria, indipendente e cristallina, intesa a premiare e dare dei riconoscimenti a chi produce informazioni dettagliate, complete, chiare e veritiere, coraggiose, le tue due paginette meritebbero una laurea ad honorem in pediatria naturale.
Il riconoscimento vero te lo conferiranno le donne di questo paese
Il tuo messaggio è di una chiarezza che definirei addirittura sconvolgente.
Spero solo che vada nelle mani di ogni donna che si appresta a fare questo compito straordinario e basilare che è quello di generare un bambino o una bambina, ponendo le basi per la continuazione della specie umana.
La laurea in pediatria te la conferiranno le donne di questo paese.
Si tratterà di un riconoscimento virtuale, non corredato da timbri e firme importanti, e nemmeno da una congrua somma di denaro.
Ma in un mondo caratterizzato più che mai dagli scambi pecuniari e dalla carenza di valori, l’affetto e la stima generalizzata del pubblico, non può non acquisire una valenza civica ed umana superiore a qualsiasi assegno da parte del sistema.
Racconto volentieri la mia esperienza personale, e soprattutto quella della mia compagna
Non c’è molto da aggiungere.
Sono padre di due ragazzi di 13 e 20 anni, entrambi nati all’Ospedale di Udine, struttura sanitaria pubblica di alta qualità, indicata spesso come esempio di efficienza sul panorama nazionale.
Il tuo mantra Non voglio il cesareo-Non voglio in cesareo, mi sbatteva nella testa e nel cuore.
Non stavo di certo io disteso su quel lettino ospedaliero, ma c’era la mia ragazza con in pancia il nostro bambino.
Peggio ancora che se mi fossi trovato al suo posto.
Parlai a ripetizione con infermiere e primari, con gli addetti alle ecografie, che continuavano a dirmi di stare tranquillo, visto che il bimbo si annunciava con una salute superiore alla norma.
La familiarizzazione con giovani chirurghi privi di spocchia
I chirurghi non erano affatto dei satrapi o della gente scostante.
Era un team di ragazzi sorridenti e gioviali, privi di spocchia, che stavano spesso seduti alla buona o appoggiati al muro, vicino alle finestre, a sorbirsi in gruppo di 3 o 4 il loro caffè, in camice verde, reduci da una ennesima operazione e pronti a farne una nuova.
Ricordo ancora che familiarizzavo spesso con loro al punto che due di essi mi chiesero che libro stessi leggendo, visto che lo trattavo con evidente interesse, sottolineandolo di rosso.
Gli dissi che ero vegano come mia moglie e che il testo nelle mie mani era l’ultimo best-seller igienistico in circolazione a quel tempo. Si trattava di Fit for Life, di Marylin e Harvey Diamond, che avevo acquistato in un book-store di Singapore pochi giorni prima.
Si rischia di più a curare un dente. Dalle nostre parti i bimbi saltano fuori vispi e pimpanti.
Erano molto interessati alla cosa e vollero prendere qualche appunto, dopo avermi fatto diverse domande sull’argomento.
Nulla sapevano in fatto di igienismo. Meno ancora avevano sentito sul
dr Herbert Shelton, nonostante la sua cinquantina di libri in circolazione.
Approfittai per dirgli i miei crucci e le mie speranze.
I miei timori che il sangue vegano di mia moglie e della creaturina subissero un impatto insopportabile in fatto di farmaci, di eparine e altre sostanze.
Ovviamente mi tranquillizzarono.
Si rischia di più a curare un dente.
Con cesareo o senza, i bambini da queste parti li facciamo saltar fuori vispi e pimpanti, mi dissero allegramente.
La famosa rottura delle acque che ritarda? Oppure un alibi per giustificare l’intervento?
Avevo posto due richieste verbali e scritte contro ogni farmaco e contro l’operazione.
Ma la caposala continuava a dirmi che c’erano dei problemi, con la rottura delle acque che ritardava, per cui non c’era altro modo, in prospettiva, se non quello di intervenire chirurgicamente.
Alla fine della storia, due bambini sani e belli, cresciuti al meglio da vegetariani non ancora totalmente vegani per qualche pezzetto scarso di formaggio e qualche gelato preso fuori-casa, ed una compagna con due tagli successivi e la ferma determinazione di non averne un terzo, viste le sofferenze patite.
Nessuna particolare recriminazione tecnica o comportamentale, ma anche qui due casi personali identici, ripetuti a distanza di sette anni, rientrabili nella categoria di maternità naturale rubata.
Una profonda prostrazione fisica e psicologica, e l’impossibilità di regalare un sorriso
Mia moglie Kathleen proveniva fresca da Hongkong, e a quel tempo masticava poco la nostra lingua, per cui poteva ben poco dire od obiettare.
Mi sussurrò solo con un filo di voce che credeva di morire per la paura e per il male.
Ricordo ancora il suo volto bianco e debilitato dopo l’operazione.
Mai avrebbe potuto fare una disamina critica ed una descrizione dettagliata pari a quella della Priscilla.
Mi trasmise comunque il senso della sua profonda sofferenza fisica e psicologica, della sua prostrazione, dell’incapacità persino di regalare un sorriso, del suo evidente rintontimento farmacologico.
La maternità non dovrebbe mai trasformarsi in dramma ed in martirio
Non mi risulta che, per le leggi della natura, la maternità debba necessariamente trasformarsi in dramma ed in martirio.
Eppure, il numero percentuale di interventi cesarei è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni.
Non sarà anche dovuto al fatto che l’Assicurazione paga agli ospedali diverse migliaia di Euro per ciascun intervento cesareo, mentre se il bambino nasce al naturale le finanze dei nosocomi rimangono a bocca asciutta?
Pensare male è diabolico, ma spesso ci si azzecca, usa dire un volpone politico di nome Giulio Andreotti.
Aggiungo come chiusura un commento graffiante ma simpatico dell’amico friulano Graziano Ganzit, presidente della Associazione di Agricoltori Biologici a Beano (Codroipo)
Caro Valdo, i pediatri, in linea generale e salvando le persone singole, sono una brutta razza che ha fatto da cinghia di trasmissione al potere e al volere delle multinazionali del farmaco (vedi latte in polvere, vedi terrorismo delle vaccinazioni, ecc).
Così irreggimentati ed ideologici, stanno bene coi loro compari della Corea del Nord i quali, se li mandano a zappare nelle campagne, come dici tu nella tesina Sopravvivere all’artrite e alla micidiale accoppiata mamma-pediatra, possono farli sparire mangiati dai contadini affamati.
Soluzione finale a costo zero, senza creare ulteriori problemi all’agricoltura nostrana che ne ha già abbastanza con agronomi e veterinari che la stanno distruggendo per bene con gli OGM e le altre porcherie della Monsanto e della Bayer. Graziano Ganzit.
Valdo Vaccaro – Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)
– Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)