L’EROE DEI DUE MONDI: UN ITALIANO DI CUI ANDARE FIERI

Il punto debole del militarismo italico

L’Italia è spesso citata nel mondo come culla e come esempio di arti, di design e di industriosità, di amore per la bellezza,
Paese dunque di artisti e artigiani, di poeti e cantautori.
Il settore che ci trova più scoperti forse è quello militare, visto che dopo le prodezze di Giulio Cesare e dei vari imperatori romani, le vicende e le fortune delle armate italiche hanno lasciato alquanto a desiderare nel corso della storia.
Vero che le attuali forze armate, impiegate in missioni speciali in diverse parti del mondo, sanno farsi ammirare e rispettare per efficienza e professionalità, e per quel tocco di umanità in più che non guasta e che contraddistingue i nostri militari all’estero, ma la situazione odierna rappresenta una vera eccezione alla regola e niente altro.
L’unico italiano dell’era moderna che è riuscito a far parlare di sé militarmente è Giuseppe Garibaldi, chiamato anche Eroe dei Due Mondi per aver operato in teatri di guerra italiani e sudamericani.

La genialità strategica e umanitaria di Garibaldi

La sua genialità militare consisteva nel porsi obiettivi precisi e ambiziosi, e nel saperli raggiungere rapidamente col minimo dispendio di energia, di costi e di sangue.
Massimo risultato col minimo sforzo.
Esattamente il contrario di quanto avevano predicato e fatto prima di lui altri condottieri tipo Carlo Magno e Napoleone.
Solo uno come Garibaldi poteva accettare un compito arduo come quello di liberare l’Italia dall’occupazione straniera, partendo con un esercito di 1000 persone da Quarto in Liguria.
Ma, in questo frangente, ci piace ricordare Garibaldi non per il suo fare franco e sbarazzino, per il suo proverbiale cameratismo con le truppe, per i modi preferibilmente incruenti delle sue battaglie campali, ma per la sua grande personalità di uomo saggio e sensibile, per l’esempio e l’insegnamento prezioso che sapeva dare ai suoi soldati, a tutti quelli che hanno potuto conoscere in dettaglio le sue idee e la sua filosofia vegetariana e animalista che, cosa non comune tra i militari, ha trovato applicazione e conferma anche nel mezzo degli scontri e delle battaglie.
Ci furono sì i morti e i feriti, basti pensare a Milazzo e Calatafimi, dove le truppe borboniche vennero sopraffatte più con le armi che con le parole.
Lo stesso Garbibaldi rimase ferito.

Tuttavia, più che infliggere al nemico grosse perdite, più che massacrare la controparte e provocare carneficine, Garibaldi ammoniva gli schieramenti contrapposti ad arrendersi e a gettare le armi, a farsi da parte, a rendersi conto che i garibaldini avevano una marcia in più e stavano liberando con entusiasmo e determinazione la loro patria, per cui nessuno sarebbe stato in grado di fermarli.
Garibaldi era prudente e scaltro. Come non mandava allo sbaraglio le sue truppe, i suoi preziosi e contati uomini, così non mandava all’inutile rischio e all’estremo sacrificio gli animali al seguito, asini, cavalli, bovini e cani.

Una considerazione speciale per gli animali

Garibaldi teneva anzi in speciale considerazione gli animali, proprio perché, per quanto grandi e grossi che potessero sembrare, essi erano per lui degli autentici bambini.
Innocenti, docili, timorosi, bisognosi di cure e di tante carezze, di cibo ed amicizia sincera, Esattamente come dei bambini orfani che avevano perso padre e madre da qualche parte senza nemmeno sapere come e perché. Ragazzini derubati della loro identità sociale e di gruppo, capitati in mezzo a quelle battaglie senza nemmeno sceglierlo o volerlo. Bambini resi dipendenti, schiavi e segregati dal loro padre o fratello adottivo chiamato uomo.
Meritevoli dunque di doppie cure ed attenzioni, di doppio affetto.
Da qui la grande responsabilità nei riguardi degli animali che Garibaldi evocava a carico dell’umanità.
Rispettare gli animali non doveva essere un atteggiamento generoso e tenero di qualche persona sensibile e di buon cuore, ma una priorità massima e un dovere per tutti, un modo per farsi perdonare di tutte le violenze usate nei riguardi di queste specialissime creature nel corso della storia.
Animali come bambinetti loro malgrado cresciuti e apparentemente forti, ma pur sempre delicatissimi e sensibili.
Lasciati il più delle volte nudi e sporchi, privati pure della libertà di movimento cui ambirebbero allo scopo di cercarsi l’erba giusta e l’angolo più adatto per riposarsi.
Se dovessimo pulirli di mattina e dargli una grattatina (come fanno amorevolmente in diverse parti del mondo i veri estimatori di queste creature), e magari proteggerli con qualche capo di vestiario, saremmo costretti davvero a fargli indossare il grembiule delle scuole elementari dei tempi andati.
Se andiamo nelle stalle a verificare l’età delle mucche, scopriamo che hanno tutte 2, 3 o 4 anni di vita. Al massimo 5 o 6, anche se sono già state ingravidate una o più volte. Anche se sono diventate mamme e hanno già conosciuto la infinita disperazione di veder portare via per sempre i loro amati cuccioli.
Bambine stuprate e villaneggiate, malmenate e offese nel cuore e nell’anima, oltre che nel fisico, dalla rozza cattiveria umana.
Non servono grossi sforzi di pensiero per capire che Garibaldi non esagerava e che coglieva esattamente nel segno, proprio come le sue pallottole.
Ma la gente di oggi non se ne rende proprio conto.

L’amore per tutti i bambini dell’universo

Eppure tutti noi amiamo i nostri bambini. Ed anche quelli degli altri.
Nessuno accetta di vedere dei bambini maltrattati, tenuti prigionieri, trascurati e resi infelici non importa da chi. Siamo tutti pronti a difendere un bambino, a fargli tornare il sorriso e la voglia di giocare, la voglia di vivere e di crescere.
Ma per i bambini dei bovini, orfani di altri genitori scomparsi, finiti a pezzettini in certi piatti di certe persone, nessuno pare disposto a muovere un dito.

Eppure si tratta di veri e propri bambini indifesi, che masticano e rimasticano in silenzio tutto quello che gli viene messo in mangiatoia, che devono accettare tutte le imposizioni e tutte le vigliaccherie che vengono ordite nei loro confronti. Bambini che ti guardano e fanno quello che gli fai fare senza opposizione e resistenza, speranzosi magari che alla fine di quel gioco crudele saranno magari premiati, ignari del tutto delle disgraziate fatalità e delle diaboliche macchinazioni che stanno dietro l’angolo?
Accetteremmo forse di vedere dei nostri bambini, o degli scolaretti della scuola materna e della prima elementare, messi in fila con una etichetta e una data sulle spalle, in attesa di essere inviati al patibolo?
Accetteremmo mai di immaginare i corpi dei nostri bambini disossati e posti nelle celle frigorifere, tagliati a pezzi sui banchi del macellaio e venduti a della avida e sconsiderata clientela?
Accetteremmo di osservare dalle finestre dei ristoranti gente educata ed elegante, apparentemente pure civile, intenta a sminuzzare con cura bistecche di bambino, e a portare poi con stile impeccabile alla bocca
i residui fisici di queste animelle profanate?
Eppure si tratta di bambini a tutti gli effetti. Vivono, respirano, pensano, sentono, amano, soffrono, hanno un sangue caldo che gli scorre nelle vene esattamente come a noi. Riconoscono chi gli vuole bene e chi non. Distinguono la propria mamma dalle altre mucche.
Diventano tuoi grandi amici e ti ricambiano se li tratti con affetto. Fuggono da te terrorizzati se hai cattive intenzioni nei loro confronti. Giocano tra di loro e anche coi bambini degli uomini, non ancora trasformati dalla vita in satrapi e sopraffattori come il loro papà allevatore e macellaio. Giocano coi cani, coi gatti, coi porcellini. Rincorrono le anatre e le galline. Non col tacchino che li spaventa con la sua aggressività, o con le oche che tendono pure a reagirgli contro. Non certo con gli adulti sconosciuti, che guardano giustamente con sospetto.
Hanno grosse attese e aspettative per la vita. Sognano e sperano come i nostri bambini. Immaginano di poter correre in prati pieni di erba e di margherite. Di stare al sole ed anche sotto la pioggia. Di ruminare i loro cari ciuffi d’erba in continuazione da mattina a sera. Credono di potersi avvicinare di nuovo alla loro mamma e al loro papà che non hanno ancora nemmeno conosciuto. Ambiscono a fare tanti bei salti e tanti giochi con gli altri bambini di tutte le razze.

Il mondo intero che ti cade addosso

Ma in un battibaleno si vedono cadere il mondo addosso. Niente più mamma, niente più latte ma nuove cose dal sapore spregevole. Niente più corse e scherzi col porcellino e la gallina. Niente più sole e libertà.
I soli compagni intimi che gli rimangono sono i lacci e le catene che lo tengono immobilizzato da mattina a sera, e la sua stessa cacca che si accumula sotto l’angusto letto di cemento e di paglia che è la sua prigione.
Non sa cosa gli faranno ancora, dopo tanti e tali assaggi di crudeltà e di violenza.
La sua mente non può nemmeno immaginare cosa lo attende.
Ha già capito che quell’animale vestito e che procede a due gambe, quello che dirige ogni cosa in stalla e fuori, quell’individuo apparentemente gioviale e onesto, è un tipo insidioso e ambiguo, un elemento sinistro e inaffidabile da cui stare alla larga.
Ma nessuna immaginazione al mondo potrebbe arrivare a pensare cosa frulla in testa a quel fratello maggiore traditore, quali piani diabolici e quali intenzioni maligne alberghino nel suo cervello perverso.
Sospetti e sensazioni angoscianti tante e in abbondanza, ma sempre entro certi livelli.
Ci deve pur essere un limite massimo alla cattiveria e alla irresponsabilità dei viventi a due gambe.
Non può essere che il mondo intero pulluli di gente meschina e delinquente, di dirigenti e governanti, di professori e giornalisti, di religiosi e forze dell’ordine, uomini e donne, tutti coinvolti in trame legalizzate e sataniche.

Ha già capito che dietro quei quotidiani arrivi di un camioncino, dietro quel parlottare del padrone con l’autista, dietro quelle strette di mano e quel tintinnare di bicchieri, dietro quello scarabocchiare veloce su un foglio di carta seguito dalla liberazione di qualche mucca o di qualche altro vitellino in catene, ci deve essere qualcosa di losco. Ma non sa ancora cosa.
Le zie e i cuginetti che vengono tirati in malo modo con la corda fin dentro quel cassone blindato, si sentono piangere e lamentare, si avvertono i loro colpi violenti e disperati contro le pareti metalliche della nuova prigione viaggiante, si sente il motore che si riavvia e il mezzo che riparte, e poi più nulla. Nessuno li rivede più.
Fortuna che non sa leggere. Così almeno non può scorgere che sulla portiera esterna del camion c’è un  Macelleria Birindelli – Carni bovine, che la dice tutta e senza troppi fronzoli su quale è l’orribile gioco a cui stanno giocando sulla sua pelle quegli sciagurati figuri, quei bipedi malfattori.

Ma quelli non sono bambini, sono frigoriferi

Ma quelli non sono bambini. Quelli per me sono solo piccoli frigoriferi. Siamo uomini d’affari motivati dal profitto, mica enti religiosi o istituti virtuosi per la difesa animale. Vendere un elettrodomestico o un vitello non fa alcuna differenza. Esiste un mercato e noi lo serviamo, direbbe con disarmante schiettezza Henry Pace, l’ormai noto commerciante americano di bovini intervistato dal grande John Robbins.
E quel vostro Giuseppe Garibaldi, che pure non conosco nemmeno, deve aver preso di sicuro un abbaglio, aggiungerebbe.
Hanno un sangue diverso dal nostro parlano altra lingua, ammesso che parlino. Non sono nemmeno creature viventi.
E poi non hanno nemmeno due gambe come noi. Non possono avere un’anima.
Sono solo carne biologica, gonfiata però artificialmente nelle stalle, che noi da bravi collochiamo sul mercato, ad uso e consumo di consumatori che ci danno tutto il loro supporto.
Noi siamo autentici benefattori dell’umanità. Siamo un prezioso anello della catena.
Un plauso a Henry Pace per la disinvoltura e la franchezza con cui si difende, di sicuro preferibile di molto ai buonismi di maniera, alle posizioni spurie e intermedie, alla confusione mentale di troppi.
Pensiamo a cose più serie, ha sentenziato di recente la Mussolini, parlamentare autorevole, e donna dotata per il resto di idee chiare e di personalità.
Con gli stipendi che non ti fanno arrivare a fine mese, coi carburanti alle stelle e la gente ulteriormente incattivita, con tutti i problemi che hanno gli operai e i contadini d’Italia, ci mettiamo ora a parlare di vegetarianismo e di animalismo? Ma ci sta forse dando di volta il cervello?
Diciamo pure che la Mussolini, in questa occasione, ci ha profondamente deluso. Ma sappiamo pure che molta gente sarebbe pronta a sottoscrivere quanto ha sentenziato.

Presto, rinunciare alla carne non sarà solo scelta opportuna e intelligente, ma anche obbligata

Il problema è che questa società distorta e analfabetizzata è incapace di saltar fuori dal ghetto mentale, ideologico, politico, filosofico, comportamentale, nel quale è malamente finita.
Ed è incapace di farlo sia nei momenti normali e tranquilli che nei momenti delle emergenze.
Non è poi che, continuando a mangiare tenere bistecche di vitello, si risolveranno i problemi degli operai, dei contadini e degli emigrati, o quelli del pareggio di bilancio dello stato, o quello del miglioramento delle condizioni ambientali e dei cambiamenti climatici.
E’ vero semmai l’esatto contrario.

Il Senato della Repubblica ha votato nei giorni scorsi all’unanimità la dieta mediterranea, cioè una dieta da sempre basata su frutta e verdure in netta prevalenza, come uno dei patrimoni dell’Unesco.
Dov’era la Mussolini? A spasso per Fregene? Ci scusi per la battuta.
L’ex ministro della sanità dr Umberto Veronesi, non il genio leonardesco che ci inorgoglisce come immagine, ma una persona viva e vegeta che il mondo pure ci invidia, ha scritto nella rubrica Pensiero Forte su Grazia che una bistecca inquina più di un Suv, che i campi coltivabili sono sottratti all’agricoltura per il foraggio e l’allevamento, e che potrebbero invece sfamare milioni di persone mediante preziosi cereali integrali e farine integrali, tanto più che la Terra ha una capacità limitata di produrre cibo, acqua ed energia.
Ha aggiunto che esiste prova scientifica che oltre il 30 percento dei cancri in circolazione deriva da insensata alimentazione carnea e che solo il 5 percento è dovuto a fattori ambientali.
Ha concluso dicendo che, presto, rinunciare alla carne non sarà soltanto una scelta opportuna e intelligente, ma una scelta obbligata.
Anche in ossequio alle previsioni di Einstein, per cui i 6 e oltre miliardi di uomini della Terra, destinati pure ad aumentare rapidamente di numero, sopravvivranno in salute e armonia solo se adotteranno una alimentazione vegetariana.
Questo sì che si chiama parlare chiaro e dire pane al pane e vino al vino.
Ci conforta davvero il fatto che esista ancora nel nostro paese qualche uomo forte, autorevole e coraggioso, che non ha paura ad esporsi, che fa onore alla ricca e inestimabile tradizione di nostri geni del passato, un ragazzino vitale di appena 80 anni, ricco di tutti gli attributi, come il grande cancerologo Veronesi.
Quello che ci preoccupa invece è l’esteso e brullo deserto di mediocrità che pare esistere intorno a lui.
Saremo degli inguaribili romantici, ma confessiamo di sentire tremendamente la mancanza di uomini sensibili e combattivi come Giuseppe Garibaldi, ce ne perdoni il piazzista di bistecche viventi Henry Pace.

 

 
autore: Valdo Vaccaro
Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)
Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)

l’autore si assume pienamente la responsabilità di ogni contenuto
(C) MedicinaNaturale.biz – sito web del network DAPHNE LAB