LOGICA DELLA NATURA E LA LOGICA DELLA SOPRAFFAZIONE

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L’uso improprio e disordinato del termine naturale

 

Parlando di cibi, di funzioni, di comportamenti, di stili di vita, si sente spesso l’uso dell’aggettivo naturale come termine discriminante che sta a indicare un alimento buono, una funzione corretta, uno stile di vita vicino alle regole della natura.

Naturale visto come qualcosa di genuino, di vero, di valido, di salubre, di etico, di razionale, da contrapporre a qualcosa di artefatto, falso, truccato, negativo, ammalante.

E fino qui tutto va bene.

Solo che poi, nel parlare comune, è poca la gente che fa uso appropriato, ed è invece molta quella che ne fa abuso, che utilizza cioè a sproposito il termine naturale.

Tanto da chiamare comportamento  naturale una azione villana e sgraziata, come quella di consumare la carne morta di un altro essere, la quale azione non è affatto naturale per un uomo vero, ma solo per un vile, per un prepotente, per un sadico, o per un irresponsabile che non fa alcuna distinzione tra le cose.

Tanto da chiamare cibo naturale il latte munto a una mamma incatenata che lo vorrebbe succhiato dal suo bimbo, e non invece cibo sequestrato da un bipede ladro che le ha già rubato il vitellino e che ora con incredibile faccia tosta si ripresenta a lei munito di aggeggi meccanici e di contenitori per portarle via altra refurtiva, altro latte.

Il quale latte è sì naturale, ma solo per un infante non ancora svezzato e, nel caso specifico della mucca, è naturale soltanto per il vitellino, mentre provocherebbe guai notevoli se dato a un puledro, a un gattino, o a qualunque lattante di altra specie, visti i contenuti particolari che ha il latte di mucca, estremamente diversi da quelli delle altre razze mammifere, e diversi in modo drammatico e stridente da quello umano.

Chiamare naturale il latte di mucca solo perché proveniente da una mucca, ovvero da un essere che vive ed esiste in natura, è una gravissima ipocrisia.

Come del resto chiamare cibo naturale e biologico una bistecca o un organo appartenente a una persona o a un animale ucciso è il massimo del farisaismo, il colmo della mistificazione.

 

La logica stringente e millimetrica della natura

 

Stabilito che naturale significa buono, giusto, razionale, e che Natura equivale a dire Dio e Creazione, cerchiamo di chiarire come funziona la natura e quale è la sua logica. Ogni persona, ogni animale, ogni pianta ha un suo comportamento normale e naturale, e sue esigenze biologiche assegnatele dalla natura.

La creatura uomo, secondo tutti gli studi delle varie scienze fatti su di lui, è un primate, ed è per disegno, configurazione fisica, mentale e psicologica, un frugivoro, un raccoglitore di frutta e di bacche, di rizomi e di germogli e semi, come confermato da una serie di dettagli anatomici, biochimici, caratteriali, antropologici e storici.

 

E’ un essere dotato di intelligenza superiore alla media, e quindi soggetto pure a delle precise responsabilità per le sue azioni, derivanti da quella sua particolare ed esclusiva dotazione tra tutte le specie che si chiama libero arbitrio, e che gli attribuisce precisi meriti e demeriti di carattere comportamentale davanti a se stesso, al suo prossimo umano, animale, vegetale e minerale, nonché davanti al suo creatore.

La natura ha una sua logica stringente.

Il frutto è l’unico alimento nobile ed essenziale, in quanto contiene tutti i micronutrienti ordinati, bilanciati, ricavati dal mondo minerale del suolo e dal mondo solare ed etereo dell’atmosfera.

Il frutto è fatto per essere mangiato. Non soffre e non scappa, ma si offre. Gode ad essere mangiato e ne guadagna pure, grazie alla dispersione del suo seme in ambiente diverso da quello in cui normalmente cadrebbe.

Le erbe sono fatte per essere brucate dagli animali erbivori.

E’ possibile che un minimo di sofferenza la provino pure, ma in genere la parte più sensibile del loro organismo è quella che sta sotto terra, sono le radici, per cui la loro vitalità non viene affatto compromessa dal taglio della parte aerea.

Essendo poi in genere piante annuali o biennali, persino l’utilizzo dei loro rizomi non è drammatico, non  è paragonabile in alcun modo agli strappi laceranti che si fanno, per esempio, a una creatura animale pianificata per vivere 40 anni e stroncata violentemente quando è agli albori della vita e ne ha appena 4 o 5.

 

E le belve? E gli animali carnivori? Dove sta la logica?

 

E’ una domanda che ci poniamo spesso anche noi vegetariani.

Non c’è infatti cosa più orribile, spietata, cruenta che l’inseguimento e la cattura di una gazzella, di un’antilope, di una zebra, di un animale erbivoro, da parte del leone, della pantera o del leopardo.

La cosa che viene in testa è una distrazione divina.

Oppure ci viene da pensare al rovescio della medaglia.

Da una parte il bene e dall’altra il male, a bilanciarsi in qualche modo che non ci è dato conoscere meglio.

L’alternanza forse tra la notte e il giorno, tra il freddo e il caldo, tra lo Yin e lo Yang, tra  il Demone degli Inferi e il Signore dei Cieli.

Difficile in ogni caso giustificare quanto sopra con una precisa logica della natura.

Dove sta la logica e il merito di infliggere a un povero animale l’orribile punizione di essere sbranato in quel modo?

Come mai il Creatore permette che tale stupro possa avvenire a vantaggio del più cattivo e del più assatanato?

La giustificazione che si tende a dare è quella del saggio meccanismo riequilibratore e a volte spietato della natura, dove le belve fanno da limitatrici alla eccessiva proliferazione delle specie cacciate, colpendo preferibilmente le giovani prede prive di corna per difendersi, oppure i soggetti vecchi e malandati, incapaci di offrire grossa resistenza ai predatori.

Tale risposta ha una sua logica, ma non soddisfa i requisiti di etica e nemmeno l’immagine buona, sensibile, illuminata, compassionevole, che noi uomini serbiamo del nostro Direttore Generale.

Diciamo pure che quello delle belve feroci resta un elemento di disturbo e di lacunosità nell’ambito delle nostre conoscenze e delle nostre certezze, un elemento di inspiegabilità nelle nostre percezioni filosofiche del mondo.

La risposta certa ce la può dare solo Lui. Chissà che Egli non abbia creato le belve come mossa previdente a salvataggio delle foreste e della natura stessa?

Se non ci fossero i leoni arriverebbero infatti anche lì gli uomini in massa, a far fuori ancora più in fretta dei leoni tutte le specie, come già avvenuto in America coi bisonti.

 

 

 

Un punto importante a vantaggio delle belve

 

Occorre dire una cosa. Il leone, la tigre, la belva, vivono in mezzo alle mandrie o nei paraggi alle delle loro vittime. Diventano pericolosi e spietati solo in concomitanza della loro fame.

Fatta la rincorsa, azzannata la vittima, la finiscono velocemente.

E’ un dramma che si realizza e si conclude in pochi attimi dopo la cattura.

La sofferenza e il terrore della preda esistono di sicuro, ma hanno una durata brevissima.

E’ probabile che l’animale addentato, già provato dalla rincorsa, perda i sensi o muoia di infarto, prima ancora che per causa dello sgozzamento operato dalle fauci del suo persecutore.

Il leone in genere è un killer professionale, e colpisce al collo la vittima causandole una immediata perdita di conoscenza. Killer sì, spietato anche, ma sadico no.

Le belve della foresta non sono come gli ebrei o i musulmani, che nella fase finale della macellazione tendono a tenere più a lungo in vita l’animale, a prolungarne l’agonia, a farle drenare ogni ultima goccia di sangue, pensando che così la vittima diventi, chissà come e perché, edule, purificata e buona da mangiare.

Le stesse belve non sono come le nostre bifolche assassine di campagna, le quali sforacchiano con le forbici il cervello alle galline e ai volatili da cortile, provocando la lenta fuoriuscita del sangue.

 

Il caso della belva umana

 

Il caso delle belve umane in genere, che accomuna gli allevatori, gli agricoltori moderni, i macellai, i veterinari, i medici compiacenti, i cuochi e i ristoratori complici, i politicanti e le istituzioni corree, i mangiatori di latticini e delle carogne degli stessi animali che gli hanno dato i latticini, è qualcosa di estremamente diverso, di ben più grave e squallido.

Nella citata categoria rientrano pure tanti pseudo-vegetariani che si trastullano nel loro illusorio limbo di impunità, e poco o nulla fanno per rafforzare la propria conoscenza, la propria determinazione, il proprio cristallino buon esempio, la propria attiva militanza, la responsabilità informativa e culturale che hanno nei riguardi di chi si ostina a torturare gli animali in catene.

La belva umana non attacca quando ha fame, non attacca per fame, per istinto, per necessità biologiche.

La belva umana fa molto di più e molto di peggio.

La belva umana fa uso di quella intelligenza e di quelle doti speciali, che il Creatore gli ha assegnato affinché ne faccia buon uso, per fare al contrario cose perverse ed inique.

Essa ha pianificato e programmato il crimine, lo ha reso istituzionale, lo ha normalizzato, lo ha depenalizzato nella propria coscienza, lo ha approvato nelle sue leggi, lo ha normalizzato nelle sue abitudini.

Lo ha esteso ed ampliato al punto che le vittime sono rese tali di diritto ancora prima di nascere, e persino prima di essere concepite. Al punto che lo sperma, il seme del bue, iniettato tramite siringa (ai torelli hanno tolto persino la unica e divina  loro soddisfazione di farsi qualche chiavata liberatoria), diventa non strumento di altra vita futura, ma di ulteriore morte agghiacciante.

L’uomo che si impadronisce di intere razze e le assoggetta ai propri sporchi e luridi interessi commerciali, alle proprie sordide venalità.

L’uomo che si sostituisce a Dio e determina le sorti, il passato, il presente e il futuro di un’intera categoria di persone a quattro zampe, stabilendo che tutti i membri di quella specie, infanti e adolescenti (adulti no, nessuno ci arriva), padri e figli, madri e figlie, saranno perseguitati, imprigionati, incatenati, torturati, spossessati di ogni loro avere, di ogni loro diritto naturale, di ogni pertinenza, di ogni gioia, di ogni libertà, di ogni raggio di sole, di ogni ciuffo di erba viva, dal primo all’ultimo giorno della loro breve vita.

 

Ci rendiamo conto della enorme gravità, del macigno insostenibile che sta schiacciando la coscienza, la moralità, lo spirito, la cosiddetta anima dell’animale terrestre chiamato uomo?

 

Il peccato mortale più indecente e nefasto della storia umana

 

Questa infinita cattiveria, questa esecrabile ed abominevole ideologia del carnivorismo, è il peccato mortale più grave, più odioso, più infame, più vigliacco, più nefasto, più indecente e imperdonabile mai realizzato nella storia millenaria dell’umanità.

Altro che le bestemmie e le parolacce, altro che i furtarelli e i crimini di piccolo cabotaggio, altro che le corna e i tradimenti, altro che la pornografia, altro che il sesso sfrenato e i rapporti hard-core, altro che la disobbedienza di Eva ed Adamo, altro che le furbizie della corruzione, altro che gli imbrogli dei mercati azionari, altro che la simbolica mela che causò lo sfratto dal Paradiso Terrestre, tutte cose veniali, banali, innocenti e perdonabili.

Tutte senza confronto rispetto alla barbarie del carnivorismo.

Un Dio appena-appena severo ci darebbe oggi lo sfratto dal pianeta Terra, e ci manderebbe tutti a svernare su un altro pianeta, a fondere le nostre diaboliche velleità sopraffattorie e persecutorie nei 450 °C di Venere.

Se non lo ha ancora fatto, significa che il suo senso di pietà e di commiserazione sono davvero infiniti.

Siamo così male in arnese che gli facciamo pietà, per cui non vuole infierire su della gente tutto sommato ignorante e debole al punto di non poter nemmeno distinguere il bene dal male.

Il carnivorismo, come tutte le cattiverie e tutti i crimini, è anche prova e simbolo della caduta dei valori, dello svuotamento irreversibile della materia cerebrale nelle teste umane, di perdita crescente degli attributi speciali assegnati dal creatore alla persona umana, di imbecillità progressiva e di Alzheimer incalzante.

Siamo circondati da Frankenstein malandrini, da curati senza Dio, da sinistri scienziati alla ricerca continua

di nuovi sistemi per imbrogliare ed offendere, di terapeuti e aggiustatori che si affannano a vaccinare, a sezionare, a drogare, a trapiantare, a clonare, e ad atteggiarsi pure a grandi salvatori della miserevole patria umana.

 

Il male oscuro dell’umanità

 

Il male oscuro dell’umanità non è quello che Giuseppe Berto ha magnificato nel suo celebre romanzo degli anni 70, non è il cumulo inguardabile di menzogne e meschinità chiamato Aids, premiate dai Nobel, propagate dai sinistri uomini-simbolo della sporcizia mondiale Clinton e Soros, non è il virus letale H5N1 chiamato aviaria (che tutti cercano in giro senza voler rendersi conto che si sviluppa all’interno delle stesse galline senza nessun tipo di contagio, ma per colpa delle condizioni assurde con cui i volatili sono costretti a vivere negli allevamenti moderni), e non sono nemmeno le prossime mega-malattie infettive che CDC, WHO e OMS hanno da tempo in cantiere per il dopo Aids.

Il male oscuro è l’aver relegato la natura all’ultimo posto, inserendoci prima la venalità, il cinismo, l’accettazione colposa e dolosa del crimine, la normalizzazione e la standardizzazione del comportamento delinquenziale.

Il male oscuro dell’umanità, la sola vera malattia infettiva che esista al mondo, si chiama cattiveria, ipocrisia, irresponsabilità e menefreghismo.

L’uomo, come singolo e come società, ha ancora la possibilità di recuperare e di rimettersi in carreggiata.

Ma solo se saprà sconfiggere l’ignoranza e la pigrizia mentale che lo bloccano e lo condannano alla ossificazione.

Chi si ferma è perduto, diceva Benito.

 

 

Ossificarsi è credere di essere nel giusto, bloccare la propria evoluzione e rifiutarsi di rimettersi in discussione, rifiutarsi di crescere e di migliorare.

Questo è il male oscuro che ci tarpa le ali e ci trattiene nei bassifondi della disperazione.

 

Gli importanti ammonimenti dei maestri e le puerili menzogne smontate dalla scienza

 

Stalle, latterie, macellerie, non sono di certo simboli di civiltà, di cultura, di prestigio, di intelligenza, ma sono piuttosto i segni e le tracce più infamanti di un mega-progetto mondiale di sopraffazione diabolica del bipede umano de-animizzato, de-culturalizzato, de-sensibilizzato, contro quegli esseri che egli stesso aveva dichiarato sacri per due millenni della sua travagliata storia.

Sacri amici da proteggere e da difendere, emanando persino delle leggi che prevedevano esilio e pena di morte per chi toccava, danneggiava, torturava un bovino piccolo o grande che fosse.

Se Pitagora si rifiutava 2500 anni fa persino di incrociare per strada il macellaio dei suoi tempi, che probabilmente compiva il suo crimine una decina di volte l’anno in occasione di orribili sacrifici religiosi, e se Leonardo Da Vinci, 500 anni fa, tra i disegni nitidi di un elicottero e le divine pennellate al quadro della Gioconda, trovava il tempo di scrivere che  L’uccisione di un singolo animale sarà giudicata un giorno orrendo crimine, se Voltaire, 300 anni fa, aggiungeva che  Bisogna chiudere i mattatoi anche al costo di un terremoto economico planetario, e se 60 anni fa il Mahatma Gandhi sentenziava che  La ricchezza di una nazione non si misura col suo prodotto interno lordo o con la produttività delle sue industrie, ma piuttosto col modo in cui entro i suoi confini vengono trattati gli animali, significa che i nostri grandi maestri di ogni tempo e di ogni epoca storica ci hanno voluto dare indicazioni ed ammonimenti che non possiamo permetterci di ignorare, se non vogliamo tradire loro e tradire nel contempo noi stessi che siamo i loro continuatori.

Non serve scansare il problema utilizzando puerili menzogne di maniera, o facendo ricorso alle scemenze più antiscientifiche mai scritte e pensate da mani sporche di sangue e da cervelli sottosviluppati, che si chiamano proteine nobili, aminoacidi essenziali, Ferro-eme, Omega-3 da pesce, B12 ultra-nobile, o che si chiamano latte-che-fa-latte, sangue-che-fa-sangue, bile-che-fa-bile, fegato-che-fa-fegato, muscolo-che-fa-muscolo, testicolo-che-fa-testicolo, tutte puntualmente smentite e ridicolizzate non solo dalla scienza biochimica seria, ma anche dalle semplici osservazioni e dalle statistiche sulla realtà dei fatti.

 

Valdo Vaccaro – Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)

                         – Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)

 

 

autore: Valdo Vaccaro

Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)

Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)

 

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