LETTERA
I RICORDI INFANTILI E L’INSEGNAMENTO AD UCCIDERE
Ciao Valdo, lo scopo principale di questo scritto è di ringraziarti ancora una volta per la disponibilità e gli scritti che mi arrivano, e che mi sono di grande aiuto per la comprensione dei temi trattati.
Lo scopo secondario è di fare un po’ di conversazione sul tema dello specismo per come l’ho vissuto nella mia turbolenta esistenza, e questo mi riporta ai miei primi ricordi infantili, quando tutti gli esseri viventi mi incuriosivano e mi ispiravano un istintivo rispetto.
Detestavo i coetanei che seviziavano lucertole, cani, gatti, uccelli e insetti.
Ma fu anche l’età in cui venni educato ad uccidere determinati animali perché nocivi o pericolosi, quali topi, insetti, serpi, pena la minaccia di essere considerato un codardo, eventualità scomoda e discriminante per un ragazzo in crescita, ansioso di essere accettato e considerato.
IL RACCAPRICCIO DELL’ESECUZIONE E IL SOLLIEVO DEL RISPETTO
Ricordo tuttavia un giorno in cui decisi di non tener conto di tale consegna.
Fui mandato in campagna a controllare le trappole per topi e, vedendo il terreno sollevarsi per le talpe in azione, con un colpo di zappa tirai fuori due animaletti contemporaneamente. In ottemperanza agli ordini ricevuti, prontamente le uccisi. Fu talmente raccapricciante che mi ripromisi di non farlo più.
L’occasione si ripresentò lo stesso giorno, quando due rondini intente al gioco aereo mi caddero addosso e le acchiappai.
Ogni uccello catturato, sia che fosse o no commestibile, aveva le sorti segnate per consuetudine.
Ma quel giorno, percependo tra le mani i frenetici e caldi battiti di due cuoricini, decisi di liberarle, sentendomi subito sollevato.
IL RITO ANNUALE DEGLI SGOZZA-SUINI
Ricordo poi come fosse adesso il giorno in cui fui iniziato all’uccisione del maiale, un rito annuale nel mio paese montano dell’Irpinia.
Gli avevo portato cibo per tutto l’anno, e quel giorno mi fu assegnato l’ingrato compito di tenere fermo nella giusta posizione il contenitore entro cui il sangue doveva fluire, mentre una decina di persone provvedeva all’esecuzione all’arma bianca, le stesse persone che poi la sera facevano scorpacciate con quelle stesse carni appena macellate.
I PAESI DI CAMPAGNA TRASFORMATI IN MATTATOI
Sentivo che c’era qualcosa di profondamente sbagliato in ciò, ma non avevo la benché minima possibilità di oppormi. Avevo sei anni, e mi faceva orrore partecipare a tale strazio.
Maledivo quel periodo di dicembre che trasformava il paese in un mattatoio. Non era possibile passare per una strada qualsiasi senza sentire i laceranti acuti di un essere che, circondato da tante facce nemiche e ciniche, veniva brutalmente scannato.
Non me ne rendevo conto, ma dentro di me avevo maturato il rifiuto della necessità di uccidere.
PERCHE’ MAI ACCANIRSI CONTRO L’AMICO MAIALE, L’INERME GALLINA E L’INNOCENTE CONIGLIO?
Vada per il lupo che, dicevano, era nemico giurato dell’uomo. Ma il maiale! Il maialino che mi riconosceva e mi si avvicinava fiducioso e contento! Perché mai bisognava ammazzarlo?
Poi, all’età di 11 anni, con mia madre ammalata a letto da due anni per anemia, si pretese che ammazzassi ogni tanto una gallina o un coniglio, e che li cucinassi pure, avendo anche tre fratellini piccoli. Allora mi ribellai. “Chiamatemi come volete, ma io non li ammazzo”, fu la mia ferma reazione. Si ricorse all’aiuto dei vicini e dovetti cucinare comunque tali animali, facendo pure l’abitudine.
UNA VITA IN COMPAGNIA DELLA RIPUGNANZA E DELLA CONTRADDIZIONE
Da adulto ho convissuto con questa contraddizione, provando ripugnanza per le uccisioni e continuando ad alimentarmi di carni varie, cercando alibi simili più ad arrampicate sugli specchi, che a ragionamenti logici. “L’animale è morto, ed è già stato ammazzato, per cui va mangiato comunque, e poi contiene pure della sostanza”. Ma, riflettendo, mi accorgevo di viaggiare su un binario che non era il mio.
USI CARNIVORISTICI SVEDESI E L’INCONTRO CON NUOVE FILOSOFIE ALTERNATIVE
Ho avuto la ventura di vivere vent’anni in Svezia dove, per la scarsità invernale di frutta e verdura, la carne e il pesce erano considerati insostituibili, e questo ha ritardato parecchio le mia voglia di redenzione. Fu però lì che incontrai altre filosofie che prediligevano i cereali integrali, come la macrobiotica che, pur nelle sue incongruenze, mi trasmise un interesse in altri tipi di alimentazione, portandomi anche a leggere alcuni libri di Herbert Shelton.
Non nascondo che mi farebbe piacere conoscere qualcosa in più riguardo la tua persona. Come hai fatto a rimanere sempre controcorrente? All’inizio non sei mai stato assalito da dubbi? Un cordiale saluto.
Michele De Simone
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RISPOSTA
TUTTI CASA E CHIESA E TUTTI VORACI CANNIBALI
Ciao Michele, trovo la tua testimonianza molto toccante e sincera. Quello che tu hai raccontato non succedeva solo sui monti dell’Irpinia, ma anche nelle zone rurali del Friuli, e penso anche in tutta Italia.
Grandi macellerie per le città, e tanti piccoli macelli improvvisati all’aria aperta nei paesini di campagna. Tutti casa e chiesa, messa e processione, tutti devoti e timorati di Dio, tutti acqua-santa e segni-di-croce, tutti ave-pater-gloria, ma sempre pronti a coniugare il verbo preferito, quello dell’uccidere e del metter dentro di sé, assai disinvoltamente ed incoscientemente, salsiccia polmonaria, musetto, cicciole zuccherate (sangue rappreso) e lardo di suino.
I MAIALI SONO DECISAMENTE MIGLIORI DEGLI UOMINI CHE LI TORTURANO E LI MANGIANO
Conoscevo benissimo già da ragazzino il carattere dei maiali, e anche quello degli uomini.
Avevo capito sin da allora che i maiali sono migliori in tutto e per tutto degli uomini, o almeno degli uomini che li mangiano. Più civili, più amichevoli, più leali, più sani, più religiosi, più coerenti, più affidabili, dunque più intelligenti. Bastava fare una carezza a un maialino e quello diventava tuo amico, si fidava di te, ti riconosceva tra dieci altri ragazzi, come il cane e più del cane.
TANTI ANIMALETTI INNOCENTI TRADITI DAL CANNIBALE A DUE GAMBE
Per analogia, valutavo e apprezzavo tutti gli altri animali in circolazione, sia nelle gabbie che nei cortili.
Facevo le dovute distinzioni tra l’aggressività dei tacchini, e l’arrendevolezza delle galline, tra la timidezza dei conigli e l’allegra chiassosità delle anatre.
La presenza degli animali mi riempiva di gioia, ma nel contempo mi causava un groppo al cuore, pensando che non stavano lì per compagnia o per divertimento, ma soltanto per essere traditi dal cannibale a due gambe. Provavo meno simpatia per cani e gatti, trovandoli tutto sommato ingiustamente viziati e privilegiati. Mi chiedi se non abbia mai ceduto, o avuto dubbi.
Sinceramente no, mai. La stessa cosa succedeva coi pesci. Scimmiottando i miei coetanei, provai anch’io a passare dalla rete alla lenza.
COI PESCI LA MUSICA NON CAMBIAVA
Ma i pesci che catturavo per mettere nella vasca del cortile, o per portarli su altre zone acquose, non sopravvivevano dopo la ferita dell’amo, ed era comunque uno strazio liberare quegli esseri squamosi e colorati dal piccolo arpione che si ritrovavano in bocca. Non sopportavo poi di prendere un pesce e lasciarlo saltare per dieci minuti sulla terra, prima di cadere esausto. Portavo sempre con me un secchiello d’acqua e cercavo di salvargli la vita, anche se spesso non ci riuscivo.
FARE SEMPRE IL MINOR DANNO POSSIBILE
A volte succede anche di doverlo fare, per necessità, in modo voluto o anche per caso.
Già il muoversi con l’auto provoca stragi di insetti che si ritrovano sui fanali anteriori e sul parabrezza. Se poi si viene assaliti in casa da mosche, moscerini, zanzare e formiche, non è facile trovare un antidoto diverso dallo spirito di autodifesa. Cosa ben diversa comunque dall’arrostire per uso alimentare scorpioni, granchi, vermi, crostacei, formiche, cavallette e lucertole.
Minimizzare in tutti i modi le sofferenze altrui è la cosa giusta da fare.
UCCIDERE E’ SEMPRE SPROPORZIONATO E ORRIBILE, CIBARSI DI CARNE UCCISA E’ SEMPRE DISGUSTOSO E SPREGEVOLE, SIA IN ETICA CHE IN ESTETICA
Non nego di aver inseguito e ammazzato dei rettili, anche perché mi accadde di ricevere qualche attacco e qualche morso. Ma, ogni volta che mi è successo di farlo, mi sono reso conto di aver commesso qualcosa di sproporzionato e di orribile.
Non c’è nulla di peggio al mondo che togliere a una creatura il suo diritto di vivere liberamente.
Se poi c’è pure l’aggravante della cadavere-fagia il tutto diventa ancor disgustoso e spregevole.
Valdo Vaccaro (AVA-Roma e ABIN-Bergamo)