Musicoterapia: formazione e sbocchi professionali

Un plausibile percorso formativo per diventare musicoterapeuta includerà degli step che possiamo schematicamente riassumere nel modo seguente:

  • Corsi quadriennali, triennali o annuali in musicoterapia a seconda della scelta dell’allievo
  • Laboratori pratici di formazione
  • Supervisioni cliniche
  • Percorsi di tirocinio
  • Convegni annuali sulle Artiterapie

Le competenze richieste e gli standard europei

E’ necessario saper suonare uno strumento per iscriversi a un corso di musicoterapia? La risposta dell’Europa è: sì. Infatti il livello EQF6, quello richiesto dall’EU, equivale alla laurea triennale in musica.

Oltre alle motivazioni che hanno condotto il candidato alla scelta di un corso e dunque di una formazione in musicoterapia, potranno altresì essere richiesti esecuzioni di brani musicali di un livello incluso nei programmi della laurea triennale di Conservatorio, lettura a prima vista di un brano polifonico al pianoforte (per i pianisti), lettura a prima vista con accompagnamento al pianoforte (per gli strumentisti e i cantanti), accompagnamento al pianoforte di una melodia, e infine attività ritmico – musicali estemporanee a carattere improvvisativo.
Da notare che nei corsi di musicoterapia tenuti in paesi europei dove questa disciplina è riconosciuta si richiede addirittura al candidato di essere in grado di suonare fino a quattro strumenti musicali, tra cui il pianoforte resta sempre obbligatorio.

Gli sbocchi professionali

Come già sottolineato, è doppiamente difficile trovare un proprio posto nel mondo del lavoro come musicoterapeuta o musicoterapista, poiché oltre alle problematiche comuni a tutti i giovani lavoratori italiani si deve anche far fronte a tutte le difficoltà dovute all’assenza di una ufficialità a livello statale.

Come se questo non fosse abbastanza, è inoltre piuttosto complicato riuscire a lavorare con la musicoterapia in modo privato poiché non esiste neppure un albo di categoria ufficialmente riconosciuto.
Ma non bisogna concentrarsi solo sugli aspetti negativi. Di sicuro è possibile fare qualche esperienza iniziale collaborando con associazioni ONLUS e/o cooperative. Anche in questo caso è consigliabile fare esperienze collegate alle diverse realtà che operano all’interno dei già citati circuiti AIM, CONFIAM e FEDIM. Successivamente, per quanto difficile, la strada migliore per poter ottenere qualche risultato clinico, riconoscimento professionale e soddisfazione personale sembra restare comunque quella di mettersi in proprio.

Una volta terminati gli studi è dunque necessario armarsi di pazienza, coraggio e far ricorso a tutte le forze dettate dalla vocazione di un mestiere indirizzato comunque all’aiuto dell’altro in difficoltà, sperando che nel frattempo siano sveltite il più possibile le procedure che stanno lentamente portando le Artiterapie a trovare una propria collocazione ufficiale nel mondo del lavoro italiano.

Maurilio Di Stefano