Tecniche di Musicoterapia per la gestione dell’Alzheimer

Attraverso la costruzione di una relazione empatica tra musicoterapeuta e paziente, la musicoterapia riesce a raggiungere risultati non solo negli ambiti mnemonici e cognitivi ma anche in quelli dell’affettività e delle relazioni interpersonali.
Inoltre, attraverso la realizzazione di una scansione spazio-temporale degli incontri, poiché la maggior parte dei malati perde precocemente questi due parametri di riferimento, si contribuisce notevolmente a restituire loro una piccola parte della stabilità e della regolarità di cui si ritrovano di colpo sprovvisti.
E’ indispensabile dunque che le sedute si svolgano sempre nello stesso spazio, alla stessa ora e soprattutto con gli stessi musicoterapeuti, con cui appunto si va a stabilire una solida relazione personale ed emotiva.
Allo stesso modo è di vitale importanza che il paziente non venga mai messo a disagio o, ancora peggio, sotto pressione, che non gli si richieda dunque nulla che superi le sue reali capacità.
Analogamente all’autismo, le tecniche utilizzate sono sia attive e ricettive. Andiamo ora a vedere quali sono le principali riconosciute a livello internazionale.

I canti

E’ innegabile il beneficio che i pazienti affetti da Alzheimer traggono dall’ascoltare musica – registrata o anche eseguita dal vivo di fronte a loro – e dal cantare canzoni, soprattutto quelle di origine popolare.
Se pensiamo agli anziani presenti nelle nostre vite, come ad esempio i nonni, tutti noi abbiamo certamente notato come essi possano da un lato dimenticare cosa hanno mangiato il giorno prima – memoria a breve termine – eppure siano ancora in grado declamare alla perfezione, per intero e senza esitare poesie come “Il 5 Maggio” studiate più di sessant’anni prima – memoria a lungo termine, soprattutto quella creata nel periodo dell’infanzia.
E’ questo infatti il principio base del processo di riattivazione della memoria, sia essa testuale, musicale o emozionale: una sorta di recupero del tempo presente attraverso la rivisitazione e la riappropriazione di ricordi appartenenti a un passato anche remoto. Arrivando a ricordare intere canzoni appartenenti al loro bagaglio culturale, i pazienti accelerano il recupero o rallentano l’insorgere della sintomatologia nei casi di perdita delle funzioni verbali (afasia) e mnemoniche (amnesia).

La danza e l’improvvisazione musicale

In altri tipi di sedute musicoterapiche (ritorna qui la spiccata efficacia della musicoterapia di gruppo) i malati di Alzheimer danzano in libertà o vengono loro insegnati balli specifici: anche in questo tipo di terapia quelli a carattere popolare sembrano i più indicati, essenzialmente perché più semplici da eseguire e memorizzare, e lo stesso nei casi in cui si tenti di portare i pazienti ad accompagnarsi con strumenti musicali.
Tali strumenti sono in genere a percussione, poiché, unitamente alla danza, un comportamento musicale attivo può aiutare moltissimo a favorire il mantenimento della coordinazione e dell’abilità motoria, oltre che a rallentare la perdita della capacità di memorizzare nuovi ricordi e schemi, anche se sempre nell’ambito del breve termine.
Similmente le improvvisazioni strumentali, proprio come nel caso dei bambini affetti da autismo, riescono, soprattutto se la successione delle sedute è mantenuta regolare e costante, a rallentare i processi degenerativi e migliorano le condizioni generali dell’umore e dell’emotività del paziente.
La capacità di creare in modo estemporaneo nuovi ritmi e melodie aiuta il paziente a prendere una maggiore coscienza di sé e realizzare di possedere ancora una dose significativa di creatività può aiutarlo in maniera importante a riguadagnare parte della propria autostima.

Il benessere emotivo e il contatto fisico con l’altro

Di importanza tutt’altro che secondaria sono gli effetti benefici della musicoterapia sulle condizioni umorali e sulle capacità relazionali dei pazienti affetti da Alzheimer.
Semplici manifestazioni fisiche di gioia ed entusiasmo, come applausi, battiti di mani a tempo di musica, canti di strofe o ritornelli in coro all’unisono con altri – musicoterapeuti o pazienti che essi siano – e ancora balli di gruppo e danze coordinate, possono influire significativamente sull’umore dei pazienti, sulla loro capacità di affrontare il resto della giornata in maniera positiva e ottimistica, fino, nei casi in cui le funzioni cognitive sono ancora in uno stato precoce di degenerazione, ad aiutare la formazione mediante l’interazione musicale di legami personali e persino di amicizia con gli altri.
La presenza del musicoterapeuta e della musica infine, grazie alla loro capacità di rasserenare il paziente e aumentare la sua fiducia in se stesso, sarebbero in grado di inibire i comportamenti ripetitivi e di vagabondaggio che tanto caratterizzano gli affetti da questo spiacevole tipo di demenza.

Conclusioni

Seppure non di curare la malattia, nel trattamento dei pazienti affetti da Alzheimer la musicoterapia si dimostra ancora una volta in grado di tranquillizzare, rassicurare, far recuperare abitudini, capacità ed emozioni sepolte nel profondo della mente ma non ancora perse del tutto, risvegliare ricordi, consentire l’espressione dei sentimenti, e soprattutto ricordare loro e a chi li circonda che dentro, nel profondo, sono ancora persone a tutti gli effetti, e il loro desiderio di vivere e sentirsi vivi è tutt’altro che cancellato dalla malattia, per quanto terribile essa sia.

Maurilio Di Stefano