I
Termini e sigle che nascondono motivazioni capziose
Esiste una spiccata tendenza della ricerca nutrizionale odierna, talvolta persino da parte dell’uomo di strada, a ricorrere a nomi, sigle e concetti ammantati più del necessario di connotazioni e colorazioni scientificheggianti e ultra-tecniche, che nascondono spesso motivazioni capziose e secondi fini.
Non a caso, tali parole vengono usate il più delle volte in funzione anti-igienistica e anti-vegetariana.
Questo è successo regolarmente col ferro-eme di origine animale (contrapposto a quello non-eme di origine vegetale), con le proteine nobili della carne (contrapposte a quelle plebee dei vegetali), con gli aminoacidi essenziali (contrapposti a quelli superflui fabbricati dal corpo), con gli Omega-3 o grassi insaturi che si vorrebbe essere pertinenti esclusivamente alla carne di pesce (mentre stanno pure abbondanti nel regno vegetale).
In questi giorni mi sono state rivolte domande su zuccheri esosi e zuccheri pentosi, al fine di stabilire se sia meglio integrare la propria alimentazione con la manna naturale del frassino o di altre piante, o con certi tipi di miele. Nulla da ridire, se non esprimere la nostra meraviglia sul fatto che nessuno ti chieda la differenza tra il succo zuccherino vivo, accompagnato dalla sua acqua biologica, e lo zucchero commerciale o saccarosio di uso comune.
Altre domande ancora più sofisticate hanno riguardato le catechine, termine usato per definire acidi grassi concentrati di origine farmaceutica, visti come un toccasana sintetico per le carenze di acidi grassi polinsaturi (Omega-3) nella dieta, per i radicali liberi e lo stress ossidativo.
Tutto questo proliferare di termini ricercati e di linguaggio per addetti ai lavori non è affatto un buon segno, e serve solo a far capire quanto grande sia il disorientamento culturale sui reali problemi della nutrizione.
Siamo d’accordo sul fatto che andare nei minimi dettagli delle cose implica necessariamente un arricchimento di termini e concetti, e dunque una certa sofisticazione e un certo tecnicismo nel linguaggio.
Quello che indispettisce è la smania di cercare la verità lontano dai punti focali
Quello che indispettisce è la fuga verso le cose difficili e complicate, questa smania di cercare la verità lontano dai punti focali.
Come usava dire Napoleone Bonaparte, Affidati ad alcuni buoni principi, e tutto il resto sono dettagli insignificanti.
Se uno vuole scriversi una tesi sulla necessità di mangiare bistecche al sangue 3 volte al giorno, potrà farlo di sicuro, accampando decine di apparenti buone ragioni, citando una serie di termini tecnici. E di pezze giustificative.
Ma la sua impostazione cadrà inevitabilmente non solo alla prova dei fatti, ma anche a livello teorico.
Questo perché nulla si può costruire di valido e stabile quando si parte da premesse errate, quando si vuole
andare contro l’evidenza che sta sotto gli occhi di ogni attento e indipendente osservatore, quando si vuole sostituire la nostra teoria personale alle leggi naturali e divine.
Dimenticarsi delle cose semplicissime ed essenziali, mettere in secondo piano verità incontestabili e chiare, come il fatto basilare che l’organismo umano è stato disegnato e concepito per alimentarsi esclusivamente a frutta e verdura crude, significa perdersi nei meandri dell’assurdo, significa voler dimostrare l’indimostrabile, significa votarsi ai giochi verbali di prestigio e non alla ricerca scientifica.
L’organismo fruttariano dell’uomo non è un concetto di parte, non è un argomento di fede vegetariana o salutistica.
Esso è un dato di fatto verificabile, commisurabile, analizzabile.
La lunghezza e la complessità del nostro tratto intestinale, la scarsità di acido cloridrico in funzione proteico-disgregativa, l’assenza di enzima urikase per la disintegrazione degli acidi urici della carne, determinano con assoluta certezza l’appartenenza del genere umano alla categoria degli animali fruttariani.
Pertanto, lasciamo pure perdere tutte le parlate vuote e prive di costrutto riguardanti ferro-eme e non-eme, B12 e Omega-3, e raffrontiamo piuttosto i concetti-base della nostra appartenenza ai primati e della nostra esclusiva dipendenza dal regno vegetale per i nostri fabbisogni di cibo.
Bando alle chiacchiere ed entriamo pure nei dettagli
A quel punto soltanto potremo eventualmente entrare nei dettagli, e trovare tutte le conferme tecniche e scientifiche che vogliamo sulla composizione biochimica ideale dei cibi di nostra competenza.
E potremo così scoprire:
A) Che la minore cessione di ferro da parte dei vegetali (ferro non-eme), anziché essere un difetto o un limite, è una regola protettiva, una caratteristica positiva di frutta e verdura cruda, volta a evitare sovraccarichi di ferro apportatori di dannose stimolazioni e avvelenamenti. Trattasi dunque di un automatismo naturale, di una strategica regolazione, di un filtro naturale, di un accorgimento della creazione.
B) Che i bassi livelli di B12 (di origine soprattutto animale) nel sangue dei vegetariani crudisti (100 pg/ml invece dei 300-1000 dei mangiatori di carne), anziché essere un limite o un difetto o una carenza, sono una condizione invidiabile e ottimale del loro sangue fluido e scorrevole, che li differenzia fortemente da chi presenta alti livelli di B12 e corre pesanti rischi di coagulazione del sangue in grumi, di collassi e ictus, soprattutto nei periodi caldi.
E che i bassi livelli di B12 nei vegetariani sono inoltre ampiamente compensati da alti livelli di acido folico o folati (vitamina B9 di origine vegetale).
C) Che non esistono al mondo proteine nobili, se non nelle fantasie distorte di quel dr Rose che a suo tempo amava fare esperimenti coi topini bianchi, animaletti che richiedono 700 percento più proteine dell’uomo nella loro alimentazione.
D) Che il fabbisogno proteico di ogni diverso tipo di mammifero è indicato con chiarezza e precisione dal contenuto proteico del rispettivo latte materno.
E che il latte umano ha un contenuto proteico inferiore al 5 percento, esattamente identico al contenuto proteico del succo zuccherino di frutta fresca e matura, per cui ogni cibo contenente proteine superiore al 5 percento determina un eccesso proteico e conseguente putrefazione dei cibi, acidificazione del sangue e stress ossidativo da radicali liberi, con pesanti conseguenze negative per l’uomo in termini di diabete, tumori, cancri, cardiopatie.
E) Che è scorretto valutare l’essenzialità degli aminoacidi in base al fatto che essi siano o non siano fabbricati dal nostro corpo.
Tutti gli aminoacidi sono essenziali, e quelli che non possiamo fabbricare arrivano automaticamente dai cibi corretti che apportiamo (sempre nella misura corretta inferiore al 5 percento).
F) Che gli acidi grassi polinsaturi, denominati anche Omega-3 (quelli che più mancano nella comune dieta non vegetariana-crudista) ed Omega-6 (quelli che invece si prendono in eccesso nella dieta comune non vegetariana-crudista), non sono affatto di pertinenza esclusiva del pesce e della carne, ma si trovano sempre, nella giusta misura e nella appropriata conformazione in tutte le verdure e nella frutta.
Volendo andare a cercarli in modo intensivo, li troviamo in abbondanza in tutte le noci e nei semi, nell’avocado, nell’erba perla o erba porcellana (che cresce come erba considerata infestante in tutti i nostri orti e viene eliminata al pari delle preziose ortiche).
G) Che gli acidi grassi di origine vegetale (gli Omega-3 e Omega-6 vegetali) sono di ottima e pregiata qualità, anche per il gioco delle prostaglandine bi-positive (anti-infiammatorie e antiossidanti), mentre quelli di origine animale (pesci e carni) sono notoriamente caratterizzati da prostaglandine negative (pro-infiammatorie e produttrici di radicali liberi).
Da notare che il corpo degli uomini è già di per sé sottoposto a continui stress infiammatori e tossicologici responsabili di stress ossidativi. Apportare ulteriori radicali liberi mediante diete profondamente sbagliate
non fa che aggravare l’avvelenamento, l’infiammazione e lo stress ossidativo da radicali liberi.
H) Che gli Omega-3 e gli Omega-6 di origine vegetale sono consumabili crudi e che pertanto danno un apporto integrale dei loro nutrienti, mentre carne e pesce subiscono necessariamente processi di problematica conservazione e di cottura che li rendono ulteriormente pericolosi per l’organismo umano
(i grassi sotto cottura formano la velenosa acreolina, micidiale per il fegato, associata all’altrettanto velenosa aldeide malonica delle carni cotte).
Veniamo ora agli zuccheri e ai sali
Quanto poi agli zuccheri pentosi ed esosi, stabilito che i primi sono caratterizzati da 5 atomi e i secondi da 6 atomi di carbonio, e che in teoria i pentosi dovrebbero essere preferibili agli esosi, visto che meno carbonio immettiamo nel sistema e meglio è, non è davvero il caso di perdersi troppo in questo tipo di classificazioni chimiche.
Il nostro cruccio non è quello di andare alla ricerca di dolcificanti ottimali in sostituzione di quelli mediocri. Il nostro problema concreto e urgente è piuttosto quello di evitare tout-court la dolcificazione dei cibi e l’uso di zuccheri industriali e concentrati, poco importa se di origine vegetale (canna e barbabietola).
La dolcificazione dei cibi equivale praticamente a una integrazione, ovvero a un falso arricchimento.
E’ un po’ come la storia di certi cibi impoveriti dalle varie lavorazioni (tipo il pane bianco e il pane semi-integrale) che vengono addizionati di minerali inorganici e di vitamine sintetiche.
Pure la salatura dei cibi mediante cloruro di sodio rientra in questa categoria di operazioni integrative, dove si cerca di ridare a un cibo i valori che i suoi componenti originali possedevano in partenza.
I produttori di alimenti sono sicuramente bravi e quasi-geniali, solo che non hanno fatto i conti con l’oste.
E l’oste in questo caso è l’organismo umano che sa distinguere troppo bene il vero alimento da quello falso.
Il dolce piace di sicuro al nostro corpo. Al punto che il fruttosio è da considerarsi come il vero carburante della macchina umana. Oltre al fruttosio della frutta, vanno bene tutti gli zuccheri accompagnati dai loro compagni di viaggio al naturale, ovvero da vitamine, enzimi, minerali organici, flavonoidi, auxoni, acqua biologica. La canna da zucchero (vedi succo fresco di canna cruda spremuta) e la barbabietola dolce (succo di barbabietola cruda) vanno benissimo e sono in grado di offrire del saccarosio vivo, pieno di energie e privo di effetti collaterali.
Ma se canna e bietola vengono sottoposte alle altissime temperature della produzione industriale, perdono tutte le loro caratteristiche e diventano autentiche bombe tossiche per il corpo umano. Lo zucchero in grani infatti garantisce un apporto calorico del 100 percento, mentre per tutti gli altri valori vitaminico-minerali ed enzimatici siamo a livello dello zero percento, per cui quell’utilizzo calorico puro implica un assorbimento, una ruberia di tutti i micronutrienti ivi mancanti a danno del corpo, oltre che all’emergenza ormonale sul pancreas (richiamo drammatico di insulina al fine di ripristinare la corretta percentuale zuccherina del sangue).
Il cloruro di sodio naturale e dunque organico, accompagnato dagli altri amici e colleghi micronutrienti, è una manna per il corpo umano. Se ci facciamo un succo fresco di sedano, addolcito da succo fresco di carota, è una manna per il nostro organismo. Ma se il sale arriva sottoforma di sale marino o non (sempre comunque inorganico e inassimilabile), esso è veleno autentico per l’organismo, al punto da provocare ritenzione idrica interna, volta ad attenuare i danni provocati dalla massa salina inorganica alle nostre delicate pareti gastro-intestinali.
Sale, zucchero, vitamine sintetiche, minerali inorganici, alcol, fumo e caffé, sono tutti autentici veleni, reali sciagure per il corpo umano, come del resto carne, latticini, pesce e cibi cotti in genere.
E, come tali, cioè come veleni, causano al nostro organismo pesanti reazioni protettive caratterizzate dai comuni sintomi di avvelenamento-stimolazione, che sono una moltiplicazione di leucociti nel sangue (leucocitosi), un aumento aritmico del battito cardiaco, un aumento della pressione sanguigna, sovraconsumo interno di micronutrienti, invecchiamento precoce.
Il bello è che tali sintomi non vengono percepiti per quello che sono, ma anzi confondono le idee al soggetto che le sperimenta in prima persona.
Alla leucocitosi e agli avvelenamenti di questo tipo corrispondono contemporanei stati di eccitazione e di calore, e quindi di dipendenza.
Effetti dopanti che richiamano e richiedono ulteriori avvelenamenti, sopratutto quando, esauritosi l’effetto-stimolo, subentra l’inevitabile depressione e lo stato di debolezza e la crisi da astinenza.
Ma, tornando allo zucchero, è possibile vivere senza dolcificazioni?
Certo che lo è. E’ possibile ed auspicabile.
Se pensiamo che l’uomo di 100 anni fa viveva più o meno con 1 kg/anno di zucchero mentre oggi sfiora i 100 kg/anno ci rendiamo conto di quanto degenerati e avvelenati siamo.
E senza sale? E’ pure possibile? Certo che lo è.
Se un cibo, per essere saporito e gradevole deve essere avvelenato dal sale (o comunque da sale in eccesso), significa che esso non è cibo adatto all’uomo.
Gli zuccheri migliori non occorre andare a cercarseli nella manna o nella linfa dei frassini.
Siamo circondati 12 mesi all’anno da frutti freschi e secchi carichi di succhi zuccherini completi e bilanciati. Che senso ha rinunciare a tali delizie garantite della natura e optare magari per dolci e gelati di cui non conosciamo nemmeno l’esatta composizione?
L’indice e il carico glicemico dei cibi. Stop a cole e merendine e aumentare di molto frutta e verdure crude.
Le ultime posizioni dei ricercatori (vedi recente convegno internazionale di nutrizione scientifica tenutasi a Roma nella Fondazione Paolo Sorbini) si stanno focalizzando su due parametri come l’indice e il carico glicemico dei vari alimenti, cioè la velocità con cui aumenta la glicemia, la concentrazione di glucosio nel sangue. Questo fattore è decisivo per prevenire patologie gravi, dal diabete tipo II alle malattie cardiocircolatorie.
Il fisiologo britannico David Jenkins aveva già 27 anni fa parlato dell’indice glicemico in un articolo
apparso sull’ American Journal of Clinical Nutrition. L’articolo si intitolava L’indice glicemico dei cibi: una base fisiologica per l’equivalenza dei carboidrati, ed era il risultato di una ricerca di un gruppo di studio delle Università di Toronto e Oxford.
Jenkins, al citato convegno di Roma, ha ricordato che una dieta a basso carico glicemico è importante nella cura del diabete II, dell’obesità, e delle affezioni cardiocircolatorie.
In una società dove l’obesità e il consumo di cibi troppo raffinati e poco sani sono un’abitudine, e dove il digerire veloce, concausa del rapido innalzamento dei valori glicemici, è ormai la norma, medici e dietologi che adottano questa nuova filosofia crescono come i funghi, avendo fiutato l’affare.
Le pressioni sulla Fda in America sono forti. Si chiede una revisione delle Dietary guidelines for Americans, vademecum federale che tiene ancora in scarsa considerazione i parametri glicemici.
Il valore glicemico poi può essere certificato solo in modo sperimentale, alimento per alimento, visto che esso dipende da una decina di diversi fattori (tipo di amidi contenuti, viscosità delle fibre, lavorazione del prodotto).
Ad esempio, la pasta di semola ha un basso indice glicemico, che resta basso se la si cuoce a regola d’arte. cioè al dente, ma sale del 40 percento se la si scuoce.
I cibi più a rischio sono quelli di preparazione industriale, molto lavorati. Persino le patate hanno indici glicemici alti che aumentano quanto più le lavoriamo e le cuociamo.
Certe colazioni energetiche tuttora molto in voga sono addirittura micidiali. L’abbinamento fette biscottate, marmellata e cereali provoca infatti un picco glicemico altissimo.
Servirebbero provvedimenti e forti frenate sui consumi assurdi di bevande come la cola e simili, che con la glicemia giocano pesante, ed anche con molte merendine industriali, di cui sono purtroppo preda i ragazzi più giovani e ignari.
Alla fin fine rimangono più validi che mai i principi crudisti-veganiani: bisogna aumentare in modo drammatico il consumo di frutta e verdura.
Catechine e acidi grassi polinsaturi
Quanto alle catechine, ovvero agli acidi grassi polinsaturi e di origine sintetica, siamo sempre nel settore delle sostanze virtualmente ricche e concentrate, chimicamente attive e stimolanti, ma biologicamente carenti. Cuocere sostanze grasse e sintetizzare dei grassi presenta sempre l’insidia dell’acreolina.
Vale il principio che più ci si allontana dallo stato naturale e più il percorso si fa pieno di pericoli.
E quando un nutriente viene offerto in formula sintetica, concentrata, diventa impossibile valutarne i livelli quantitativi ideali.
Rincorrere poi i nutrienti ad uno ad uno, cercando di massimizzare il loro apporto singolo a scopo terapeutico, significa fare affidamento su concentrazioni innaturali e sbilanciate e usare se stessi come cavie, fare dei tentativi e delle sperimentazioni su noi medesimi, subire eventuali intossicazioni simil-farmacologiche.
Siamo circondati di Omega-3 e Omega-6 naturali e crudi di origine vegetale, acidi grassi polinsaturi che stanno nelle olive, nell’olio extra-vergine con spremitura a freddo, negli avocado, nelle noci, nei semi, e persino nelle carote.
Che senso ha cercare problematici Omega-3 nel pesce ammazzato e cotto?
Che senso ha poi cercare catechine sintetiche quali potenti antiossidanti? Se non esistono in natura il nostro corpo non le vuole di sicuro. Se ci sono in natura, sarà meglio prenderle da lì. E’ bene ricordare che noci e semi sono autentiche miniere di acidi grassi polinsaturi.
Siamo circondati di vitamine naturali e di minerali organici nella frutta e nelle verdure fresche (non cotte).
Che senso ha distruggerle con la cottura e poi ricorrere a integrazioni e supplementazioni che non integrano e non supplementano, ma che producono soltanto ubriacature e stimolazioni dopanti, lasciando il tuo corpo devitaminizzato e demineralizzato nel lungo periodo?
Restiamo uno buona volta nell’ambito delle cose semplici. E non lasciamoci abbindolare dai falsi profeti alla moda
Restiamo dunque una buona volta entro i binari delle cose semplici, genuine, terra-terra. Evitiamo di spiccare voli pindarici alla ricerca del superfluo e dell’illusorio.
E soprattutto non lasciamoci abbindolare dai tanti falsi profeti in circolazione, sempre americani e sempre transfughi-pentiti dalla medicina, sempre affamati di gloria e di danari.
Dopo i disastri provocati dai famosi Atkins e Pritikin, principi della carne e del carboidrato, si pensava a una lunga pausa priva di nuovi mestatori.
Sono invece arrivati i vari Peter D’Adamo e Barry Sears, ipnotizzando mezzo mondo con le loro assurde diete a gruppi sanguigni e diete a stadi.
Finiti giustamente nel dimenticatoio dei geni falliti, ecco arrivare pronto un nuovo ricambio.
Il dr Ray Strand, dopo la conversione da una medicina praticata (senza successo) per 23 anni, si è lanciato nella sua crociata contro i radicali liberi e lo stress ossidativo.
Non si sa bene con quale coerenza, ha premesso che la migliore dieta possibile è quella fruttariana-vegetariana, ed ha pure sostenuto l’idea che servono 7 portate al giorno di frutta. Ha però prontamente aggiunto che, siccome solo il 9 percento della gente segue un discorso di stili di vita ottimali e di dieta ottimale, è indispensabile un massiccio ricorso a vitamine sintetiche e minerali (inorganici).
In particolare a sostanze antiossidanti di sintesi comprendenti soprattutto, vitamine B, C ed E, betacarotene, coenzima Q10, acido alpha-lipoico, bioflavonoidi, glutatione, estratto di semi di vinacciolo.
Insomma l’eresia degli integratori sintetici di nuovo alla carica.
Deve essere davvero un affare che rende.
C’è solo da sperare che i tanti lettori del suo libro e tanti visitatori del suo sito di successo, gli diano credito solo fino a un certo punto, e non prendano alla lettera le sue teorie.
Correrebbero il rischio di ritrovarsi ingozzati di integratori e antiossidanti sintetici a vita.
A quel punto potrebbe anche spuntare, da dove se non dagli Usa, un nuovo profeta con una nuova cura straordinaria: quella contro l’intossicazione da anti-ossidanti.
autore: Valdo Vaccaro
Direzione Tecnica AVA-Roma (Associazione Vegetariana Animalista)
Direzione Tecnica ABIN-Bergamo (Associazione Bergamasca Igiene Naturale)
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